L’inossidabile “Mutti”: Angela Merkel, tra Germania e Europa

Angela Merkel

Per sedici anni la politica tedesca e quella europea sono girate attorno ad Angela Merkel. Al vertice della prima economia del Vecchio Continente, la Cancelliera è stata una figura di garanzia, stabilità e pace. A molti l’ex leaderdella CDU è sembrata inossidabile: equilibrista, moderata, pragmatica. Kaiserin del compromesso, democristiana doc, driver di un’UE in perenne crisi, Merkel ha avuto una straordinaria capacità di adattamento in diverse situazioni politiche. Durante il suo cancellierato ha avuto a che fare con quattro presidenti alla Casa Bianca, quattro all’Eliseo e otto premier a Palazzo Chigi. Il che la dice lunga sul suo lascito. Lei, l’inossidabile “Mutti”, ha dato il nome alla generazione nata negli anni Duemila. La statura di Merkel si misura a partire dalle reazioni in risposta alle crisi che ha gestito su scala nazionale e internazionale. Da quella finanziaria a quella dell’Euro, da quella dei migranti a quella pandemica.

Nel bene e nel male, dalla fine della guerra franco-prussiana del 1871, la Germania ha sempre avuto personalità forti che hanno plasmato l’identità tedesca ed europea. Da Otto von Bismarck a Guglielmo II, da Gustav Stresemann a Adolf Hitler, da Konrad Adenauer a Willy Brandt, fino a Helmut Kohl. Quello della Kanzlerin è stato il secondo cancellierato più lungo della Germania moderna in seguito a quello del suo padre politico che la riunificò trent’anni fa. Merkel ha costruito diverse coalizioni multicolore. La prima grosse Koalition nel 2005 venne fatta con l’SPD; la seconda, nel 2009, vide l’ingresso dell’FDP. Nel 2013 e nel 2017 nuovamente i socialdemocratici.Merkel è stata la prima donna (dell’Est) a diventare Cancelliere in Germania battendo Gerhard Schröder, Frank-Walter Steinmeier, Peer Steinbrück e Martin Schulz. Dottorato in fisica, ha applicato il metodo da laboratorio alla politica: analizzare e osservare, annotare, sperimentare.

Ha dimostrato tattica e strategia nella sua azione politica. Angela Merkel ha anticipato le mosse dei suoi avversari interni ed esterni, pur sempre rispettando questi ultimi. Steinmeier è diventato presidente della Repubblica e Schulz del Parlamento Europeo grazie alla Cancelliera. Merkel ha sempre cercato di integrare gli avversari e trovare la soluzione politicamente efficiente. Questo non ha impedito una scarsità di riforme economiche, nonostante la Cancelliera ne avesse proposte parecchie dopo l’era dellasoziale Marktwirtschaft” di Schröder. L’economia sociale di mercato non è stata toccata più di tanto, ma Merkel, conservatrice, è stata comunque accusata di “ultraliberismo”. Contrariamente all’immagine che ha all’estero, la signora non ha la fama di grande statista in Germania, ma di grande mamma, di sminuzzatrice di coalizioni, di analista precisa. La Cancelliera è stata un Giulio Andreotti all’ennesima potenza: mediare, contrattare, scambiare opinioni, procrastinare le decisioni. È stata più riformista in ambito nucleare che economico.

Ha dato una forte spinta al trattato di Lisbona e ha introdotto il salario minimo in Germania. Altro che Lady di ferro – a Margaret Thatcher la Cancelliera non sarebbe piaciuta. Angela Merkel ha fatto marcia indietro sia in materia di austerità (con la Grecia ai tempi della crisi dell’Euro e con il pareggio di bilancio durante il Covid-19) che in materia migratoria (dal no ai migranti al “Wir shaffen das”). Quanto alla Grecia, questa aveva falsificato i bilanci, una cosa che chi sta ai vertici del paese che ha conosciuto la Repubblica di Weimar non poteva e non può ignorare. Per la controversa accoglienza dei migranti in Germania, in Merkel giocava anche il fatto di essere stata una figlia della DDR. La riluttanza ad assumere la leadership europea, l’assenza di un progetto di difesa comune, l’apertura delle frontiere ai migranti derivano anche dalle cicatrici della Germania post-bellica.

Nell’accogliere i migranti, Merkel disse che ciò avrebbe cambiato il paese. Aveva ragione e ha avuto coraggio nella sua scelta. Il senso della responsabilità merkeliano è una delle facce del suo anti-populismo; quello che impone di ascoltare al posto di urlare, di imparare al posto di dare lezioni. Lo si è visto durante la pandemia, iniziata quando la ricerca estenuante di un successore a livello politico era in fase di chiusura. Da Manfred Weber ad Annegret Kramp-Karrenbauer, fino ad Armin Laschet, nessuno ha saputo fare quello che Merkel ha fatto con il suo padre politico Kohl. E cioè rinnovare la leadership, il partito e gettarsi nel nuovo secolo con la speranza, l’ottimismo e, ancora, il senso di responsabilità che l’hanno resa una figura di spicco in Europa e nel mondo. Buone relazioni con la Francia di Emmanuel Macron. Rapporti altalenanti con l’Italia.

Non drammatici nei confronti della Cina di Xi Jinping. La postura filocinese della quarta economia del pianeta è stata ricambiata da Pechino a livello commerciale, mentre Washington ha trovato in Berlino un partner affidabile. Questo, al netto degli screzi con Barack Obama sul caso Wikileaks e con Donald Trump che ha messo a rischio l’asse Washington-Berlino. Quanto alla Russia di Vladimir Putin, nessuna coppia di leader politici mondiali si è capita e rispettata quanto loro. Tuttavia, quando Putin invase la Crimea, Merkel riuscì a far passare da parte della Commissione Europea guidata da Jean-Claude Juncker tutta una serie di sanzioni contro il Cremlino. Una cosa analoga è successa con il controverso Nord Stream 2: al posto dell’ex premier del Lussemburgo c’era la fedelissima Ursula von der Leyen. Anche in quest’occasione Angela Merkel ha salvaguardato gli interessi del suo paese, mostrando pragmatismo come una inossidabile madrina dell’Europa.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su Corriere dell’Italianità)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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