Cecoslovacchia: dalla Seconda Repubblica al Protettorato

In Piazza San Venceslao a Praga, nell’ottobre 1918 Alois Jirásek, politico ceco, nominato quattro volte al Premio Nobel per la Letteratura, dichiarò l’indipendenza della Cecoslovacchia da un decadente Impero Austro Ungarico. Arrugginito dalla Grande Guerra, ottocentesco nell’ossatura e vittima delle sue contraddizioni multietniche sarebbe stato frammentato dal Trattato di Saint-Germain (1919, per l’Austria) e Trianon (1920, per l’Ungheria). Questi due, padri legittimi della Prima Repubblica Cecoslovacca. Prima Repubblica (durata vent’anni) che crollò in seguito agli Accordi di Monaco (29-30 settembre 1938), firmati dalla Germania nazista, l’Italia fascista, la Gran Bretagna e la Francia. E che prevedevano la cessione dei territori dei Sudeti al Terzo Reich. Dietro espressa volontà del Duce nessuna autorità cecoslovacca fu invitata al diktat di Monaco.

Dalla conferenza del capoluogo bavarese sembravano aver vinto tutti i firmatari. A differenza di Germania e Italia, Francia e Regno Unito si presentarono al tavolo impreparati. Credevano che la guerra sarebbe stata scongiurata. Neville Chamberlain tornò in patria sventolando una copia del trattato: era convinto di aver firmato la pace del suo tempo. Pesante la polemica con Winston Churchill, che per l’occasione commentò: «Potevate scegliere tra guerra e disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra». E andò così. Dal canto suo, il Duce d’Italia riuscì nella mossa dello “stiamo a guardare”, anche se la presa di tempo serviva per implementare le forze militari. Le intenzioni della Germania, d’altra parte, erano chiarissime. Ingoiata l’Austria, l’annessione dei territori dei Sudeti era il primo atto per dell’invasione della Cecoslovacchia. Il 1° ottobre 1938, quello che rimase della Prima Repubblica si aggregò in una fragile Seconda Repubblica.

Il capo dello Stato, il conservatore Emil Hácha, entrò in carica a fine novembre, dopo Edvard Beneš, dimessosi in ottobre. Lo pseudo-indipendente territorio cecoslovacco venne ridotto ad una piccola strisciolina, inglobata per metà nel Terzo Reich e spezzata dalla Slovacca. Nel complesso, l’influenza tedesca si estendeva fino al regno magiaro del Reggente filonazista Miklós Horthy. E poi nel marzo 1939 la fine di tutto. Adolf Hitler convocò il leader slovacco e sacerdote cattolico antisemita Jozef Tiso a Berlino il 13 marzo per convincerlo a far votare al Parlamento slovacco l’indipendenza da Praga. Cosa che avvenne il giorno dopo, quando nacque la Repubblica Slovacca (1939-1945), indipendente e filonazista, con Tiso presidente. All’una di notte del 14 marzo Hitler aveva convocato Hácha a Berlino, intimandogli di non opporre resistenza all’invasione di Boemia e Moravia della Wehrmacht il giorno seguente.

Con le spalle al muro, incalzato da Hermann Göring, Hácha, debole di cuore, accettò l’occupazione. La Seconda Repubblica Cecoslovacca era morta. La sua lenta esistenza venne spenta ottant’anni fa, il 15 marzo 1939, quando le truppe tedesche entrarono a Praga. In seguito all’invasione lo scenario morfologico dell’Europa Orientale cambiò. Ad Est la Repubblica Slovacca di Tiso, ad Ovest il Protettorato sotto supervisione di Konstantin von Neurath. Il barone era stato ambasciatore a Roma (1921-1930) e a Londra (1930-1932), ministro degli Esteri fino al febbraio 1938, quando subentrò Joachim von Ribbentrop. Hácha rimase presidente, ma fu obbligato a prestare fedeltà al Reich. Berlino sostituì von Neurath con Reinhard Heydrich, principale collaboratore di Heinrich Himmler che si conquistò in fretta il titolo di “Boia di Praga”.

Cosa insegna la disgregazione della Seconda Repubblica Cecoslovacca e la creazione del Protettorato di Boemia e Moravia? Abbastanza non è mai abbastanza. Attenzione a fare concessioni al nemico sperando che con quanto concesso si siano preposte le premesse per la pace. Il regime totalitario non si accontenta. Come un virus, deve entrare in tutti i gangli sociali e statali per prosperare e moltiplicarsi. Attraverso lo strumento della propaganda (che sia la stampa, la radio, il giornale, il social medium, poco importa), della scusa di dover proteggere il proprio popolo da un nemico (che siano ebrei, o testimoni di Geova, o zingari, o prigionieri politici, o asociali, o immigrati, poco importa), della costruzione del consenso tramite prebende (che siano territoriali o monetarie, poco importa), della nomina di un capo supremo (che si chiami Führer, Comandante, Condottiero, Duce, Generale, Generalissimo, Colonnello, Imperatore, Conducător, Caudillo, poco importa).

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore & Italia Praga one way)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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