Il 23 agosto di ottant’anni fa a Mosca il ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop e il suo omologo sovietico Vjačeslav Molotov firmarono il patto non aggressione tra il Terzo Reich e l’URSS. I due ministri furono l’estensione della volontà dei governi che servivano e quindi dei loro spregiudicati tiranni. Nonostante Adolf Hitler avesse in odio i comunisti, strinse il patto. Naturalmente, era squisitamente ricambiato nel suo astio da Stalin. Un patto di non belligeranza serviva ad entrambi. Germania guglielmina e Russia post-zarista erano uscite sconfitte dalla Prima Guerra Mondiale. Se la Germania si assemblò nella fragilissima Repubblica di Weimar, la Russia zarista si convertì al Leninismo e si concentrò sulla politica interna e l’allestimento dell’ideologia comunista nella società. Il patto Molotov-von Ribbentrop fu l’occasione per entrambi i firmatari di diventare i padroni di gran parte dell’Europa.
La Germania giustificava annessioni e invasioni territoriali con la scusa della ricerca del Lebensraum. L’Unione Sovietica, d’altra parte, non vedeva l’ora di riappropriarsi delle “sue” terre di Finlandia, Lituania, Lettonia ed Estonia. Il patto Molotov-von Ribbentrop prevedeva il mutuo impegno a non stringere alleanze con paesi stranieri. I nazisti avevano già riconquistato le aree perse a seguito della sconfitta nella Grande Guerra, annesso l’Austria e divorato Boemia e Moravia con la complicità del governo slovacco. La Società delle Nazioni e l’Europa tutta non mostrarono grosse resistenze anche in occasione del patto moscovita. D’altronde, la politica dell’appeasement era diventata la prassi negli anni Trenta. L’Europa a trazione franco-inglese, si era quasi del tutto disinteressata dell’insorgere dei nuovi fascismi in Europa. Certo, il mix letale di Dopoguerra, influenza spagnola e Depressione del 1929fu pesante per tutto il Vecchio Continente.
Non mostrare preoccupazioni per l’avvento del governo di Benito Mussolini in Italia (1922) o della guerra civile spagnola (1936-1939) che consolidò l’esecutivo di Francisco Franco o l’inizio dell’Estado Novo di António Salazar in Portogallo (1932) fu quanto meno sconsiderato. In una situazione del genere, il patto nazi-sovietico non serviva ad evitare una guerra. Doveva posticiparla, mettendo una pezza sul fronte Est per i tedeschi rispettivamente quello ad Ovest per i sovietici. Sigillando momentaneamente il blocco orientale, Hitler avrebbe avuto mano libera per le occupazioni nell’Europa centrale e gli attacchi alle democrazie occidentali. Sigillando momentaneamente il blocco occidentale, Stalin avrebbe potuto consolidare il suo sistema economico e la potenza dell’Armata Rossa. A tale scopo, i due contraenti erano ottimisti: sette i punti del patto; dieci anni di durata. Per quanto fosse vero che il patto Molotov-von Ribbentrop fosse di non aggressione reciproca, esso prevedeva un protocollo aggiuntivo segreto.
La Polonia sarebbe stata divisa in due: la parte occidentale doveva saziare l’appetito hitleriano ed era da aggiungere alla piccola porzione dell’ex Prussia. La parte orientale andava ai russi che aggiungevano al loro impero anche la Bessarabia, l’Ucraina dell’Ovest e le tre repubbliche baltiche. L’invasione della Polonia da parte dei tedeschi ed in seguito dei sovietici fece scoccare la Seconda Guerra Mondiale. Già a partire dagli esiti dei due firmatari del patto s’intuirono, nel 1945, le pieghe che presero le vicende occidentali degli anni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale. Von Ribbentrop venne condannato a Norimberga il 16 ottobre 1946. D’altra parte, Molotov morì, in tutta tranquillità, nella sua adorata Mosca, all’età di novantasei anni. Un parallelismo perfetto circa l’esito delle due ideologie. L’ideale nazista venne sepolto. L’altro Socialismo ebbe molta fortuna per ancora quasi mezzo secolo.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’Osservatore)