Di Bonaparte, che divenne Napoleone

«Ei fu». Quando apprese della scomparsa di Napoleone Bonaparte, Alessandro Manzoni rimase profondamente colpito. Poco dopo, “Il cinque maggio” era pronto. Il tributo dell’autore de I promessi sposi onorava il generale che fece la campagna d’Italia, scuotendo lo Stivale. Duecentocinquant’anni fa, ad Ajaccio, nasceva il generale francese, definito da Sergio Romano come «un grande stratega e uno spregiudicato uomo di Stato, ma anche un riformatore impaziente e instancabile, sempre pronto a cogliere e a trasformare in leggi i suggerimenti che provenivano dai suoi migliori consiglieri». Generale, imperatore dei francesi. Una di quelle figure di cui basta solo dire il nome – neppure il cognome come nel caso di Giulio Cesare – per identificarlo. Molti cercarono di imitarlo: non solo nello stile narcisista (a cominciare proprio dal figlio Napoleone II e dal nipote Napoleone III), ma anche nelle tragiche campagne di Russia.

Ammirato e amato, odiato e detestato: una delle figure più ritratte della sua epoca, che cambiò assieme al volto dell’Europa. «Nel 1779, quando entra nella scuola di Brienne, non ha ancora dieci anni e parla a stento il francese», scrive Max Gallo. «È soltanto un bambino corso in terra straniera, lontano dalla famiglia, dal mare e dai profumi della sua isola. Eppure, il carattere indomito e la volontà d’acciaio lo portarono a una folgorante carriera nell’esercito». Erano gli anni della Rivoluzione Francese. L’Ancien Régime stava per essere smantellato. «Sarà la febbre della Parigi rivoluzionaria a rinsaldare in lui la sete di potere assoluto», continua Gallo. Con l’epoca del Direttorio «comincia la stagione delle grandi campagne militari e dei trionfi». Italia, Egitto e Siria. Il colpo di Stato dell’ottavo anno della Rivoluzione, il 18 brumaio (9 novembre 1799) diede vita al Consolato.

Un regime autoritario e autocratico, incentrato sulla figura del Generale dei francesi, che il 18 maggio 1804 divenne Primo Impero. Famosa l’incoronazione dell’Imperatore, dipinta da Jacques-Louis David, che ritrasse Napoleone su tela dopo che questi aveva scippato la corona a Papa Pio VII. Un segnale chiarissimo: nessuno stava più in alto di lui. L’Europa sembrava paralizzata dall’astuzia napoleonica, «fino a quando i sinistri bagliori dell’incendio di Mosca annunceranno all’imperatore di Francia che l’ora della resa dei conti è vicina», scrive Gallo. L’epopea napoleonica iniziò con l’invasione della Russia di Alessandro I, ma il Generale francese non aveva fatto i conti con il suo dirimpettaio Generale Inverno. Anche lui, senza pietà: gelido. La devastazione territoriale operata dai russi aveva spiazzato lui e l’oltre mezzo milione di uomini della Grande Armée.

Quale occasione migliore per i nemici che si era fatto in tutto il continente per colpire l’Imperatore francese nel suo drammatico ritorno nell’Europa occidentale? E fu così che arrivò Waterloo, nonostante un brillante ritorno dopo un primo esilio sull’Isola d’Elba. Nel giugno 1815 una delle più sanguinose battaglie napoleoniche andò in scena nei Paesi Bassi del tempo. Da una parte il Duca di Wellington, l’irlandese Arthur Wellesley e il Feldmaresciallo prussiano Gebhard Leberecht von Blücher. Sconfitto e confinato, questa volta a Sant’Elena, dominio inglese ieri come oggi, un’ulcera degenerata in tumore allo stomaco (analogo destino quello di suo padre) divorò Napoleone come egli stesso aveva divorato in pochi anni gran parte dell’Europa. E «Siccome immobile, / Dato il mortal sospiro, / Stette la spoglia immemore / Orba di tanto spiro, / Così percossa, attonita».

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

Rispondi