Nel mondo letterario di Claudio Magris, a dialogo con Paolo Di Paolo

Incalzato da un collega più giovane, Paolo Di Paolo, in Inventarsi una vita (La nave di Teseo 2022) lo scrittore Claudio Magris ripercorre in un volumetto di un’ottantina di pagine la sua vita e le sue opere. Esordio a Friburgo in Brisgovia, dove nei primi anni Sessanta il borsista correggeva le bozze del suo primo libro, Il mito asburgico nella letteratura moderna, «Non sapevo bene cosa volessi scrivere e cosa avrei scritto». Per settimane, nella pace della locanda “Goldener Anker”, Magris era l’unico ospite. Andava e veniva quando voleva, aveva il tempo di approcciare il disordine mitteleuropeo, tra poeti e scrittori. S’immergeva nella letteratura tedesca e internazionale d’inizio secolo. Da Stefan Zweig a Franz Kafka, da Franz Werfel a Joseph Roth, da Mark Twain a William Faulkner. E ancora: da William Shakespeare a Marcel Proust, da Thomas Mann e Luigi Pirandello, da Robert Musil a Rudyard Kipling.

La vita di Magris, classe 1939, inizia idealmente a principio del ventesimo secolo. «È la cultura degli anni Dieci che sfata autenticamente […] la normalità quale modello totalizzante e repressivo della vita, delle gerarchie sociali e politiche, dei modelli obbligati, dell’amore, del sesso». Il dialogo con Di Paolo segue una logica tematica, non temporale. I due saltellano da un’epoca all’altra. Dagli anni Venti all’11 settembre, Claudio Magris riflette sulle mutazioni sociali e personali. «Ora si ha l’impressione di essere quasi di un’altra specie. Le persone anziane, oggi, hanno l’impressione di trovarsi in un altro pianeta in cui vigono altre leggi […] che fanno sentire spaesati». Affronta i problemi del presente: «Per la prima volta, almeno dopo molto tempo, ci troviamo dinanzi a generazioni di figli che stanno peggio dei loro padri, al contrario di ciò che avveniva in passato».

Claudio Magris intravede una barriera culturale tra la sua generazione e quella corrente. Registra il cambiamento sotto tutti i punti di vista, ben conscio di non poter fermare il tempo. Disattivare la Storia, spiega, è impossibile. A rivestire grande importanza nel pamphlet è la tematica della scrittura. «Scrivere è anche un tentativo di costruire un’arca di Noè per salvare tutto ciò che si ama, per salvare […] ogni vita. Si scrive anche per tante altre ragioni: talvolta per far ordine, talvolta per disfare un ordine precostituito; per difendere qualcuno, per aggredire qualcuno. E per amore, per paura, per protesta, per distrarsi dall’impossibilità di vivere, per esorcizzare un vuoto, per cercare il senso della vita». Scrivere può essere un dono di sé fatto agli altri. La scrittura, dunque, è una parte di sé.

Magris ricorda che non è neppure possibile chiedere a qualcun altro di distruggere le proprie opere. È il caso di Kafka – che chiese a Max Brod di distruggere i suoi scritti – e di Virgilio, che voleva distruggere l’Eneide. Le carte di uno scrittore hanno fascino, azzarda Di Paolo. «Ma non necessariamente valore in sé», replica Magris. Philip Roth distrusse tutto tranne i testi pubblicati. Eppure, era affezionato alla scrittura e al processo compositivo. Italo Calvino aveva tre tavoli su cui componeva. Uno per l’opera letteraria e le sue invenzioni, uno per gli articoli e gli interventi pubblici, uno per il lavoro editoriale. Scritture diverse su tavoli diversi: un segno di come la scrittura s’impone sulle abitudini dell’autore. Lo scrittore ha stili diversi, momenti diversi ed ispirazioni diverse. Danubio di Magris è per ammissione dello stesso autore una mescolanza di stili, di generi.

Proprio come il Danubio, che tocca rive diverse e connette Europa Occidentale ed Orientale. Lo scrittore ha sempre a che fare con il concetto di impuro, inteso come eterogeneità. Il che, forse, è una prerogativa dello scrittore, supremo artigiano della parola. Lo scrittore attrae naturalmente l’interesse del pubblico. Pubblico che apprezzò molto Danubio. Era il settembre 1982, ricorda Claudio Magris; e alla frontiera tra (Ceco)Slovacchia ed Austria gli venne l’idea di scrivere un libro sul fiume asburgico. A cavallo di quella Mitteleuropa, Babele di religioni, lingue e costumi. Il che riflette il processo di stesura del libro. «Molto spesso è come se, scrivendo un romanzo, componessi un mosaico». Ultraottuagenario, Magris intrattiene ancora oggi una viva e fitta corrispondenza con i lettori. Continua a ricevere una mole impressionante di lettere di ringraziamenti, richieste di spiegazioni o precisazioni, o correzioni o domande. A contatto con un lettorato attivo, lavora il doppio.

Rispondere alle lettere è un vero e proprio mestiere. «Mi costa non farlo», dice Magris. «Non sono in grado di leggere tutto, ma fatico a lasciare senza risposta chi mi manda ciò che ha scritto». Così si mantiene vivo il dialogo con il lettore. Dunque, la scrittura è un modo di raggiungere l’altro. In conclusione, d’opera, Claudio Magris non manca di fare riflessioni sulla vita, che dà il titolo al dialogo con Di Paolo. «La vita spesso è anche benevola e, in parte grazie alla nostra capacità di slalom, non ci pone davanti a delle nostre verità che ci distruggerebbero. Talvolta ho l’impressione che la vita mi abbia risparmiato dal fare i conti con certi aspetti della paura». Dalla vita ha imparato il rispetto, l’umorismo e il valore dell’amicizia – «qualsiasi risultato […], non è mai solo farina del nostro sacco […], ma lo dobbiamo anche a tanti altri».

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su La Voce di New York)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

Rispondi

Scopri di più da ★ Blackstar

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading