Albert Camus (1913-1960) affascina da sempre. La sua opera multiforme, la sua esistenza tumultuosa, il suo anticonformismo, la sua personalità complessa, forse anche gli interrogativi sulla sua morte, contribuiscono a imprimere l’interesse verso questo autore, premio Nobel per la Letteratura ad appena quarantaquattro anni. Nonostante lo stato di salute precario, l’avanzare dei totalitarismi in Europa, poi la guerra, Camus ha sempre viaggiato molto: nei Paesi e nella fantasia. Tanti sono gli studi sul rapporto tra Franz Kafka e Praga, pochi quelli tra la Cecoslovacchia e l’autore de Lo straniero. E sì che i legami tra Francia e Cecoslovacchia sono sempre stati intensi. Camus non fa eccezione in questa connessione letteraria ed esistenziale. In particolare, sono tre gli elementi di congiunzione tra Camus e Praga: i legami letterari, il viaggio dell’autore nella capitale ceca nel 1936 e il giallo della sua scomparsa.
Parigi e Praga nel secolo scorso sono sempre state in un rapporto di sintonia dal punto di vista storico, letterario e artistico. Persino dopo il colpo di Stato comunista nel 1948, che limitò l’interscambio culturale tra le due capitali. L’impatto di questa diade franco-ceca è stato importante in Camus, sia dal punto di vista letterario (la sua produzione è ricca di riferimenti alle terre boeme), sia dal punto di vista politico. L’anti-totalitarismo lo spinse a firmare l’appello di André Breton contro la condanna a morte di Milada Horáková, assieme a Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre. Tuttavia, Camus ruppe successivamente con i due guru della sinistra francese per via del loro appiattimento intellettuale nei confronti del totalitarismo sovietico. Dal punto di vista letterario, Il buon soldato Sc’vèik di Jaroslav Hašek piacque molto a Camus. Quanto a Kafka – il precursore dell’assurdo del primo Novecento – influenzò notevolmente la prosa dello scrittore francese.
Il processo e La metamorfosi mettono in luce tematiche che Camus riprende. Il trasformismo dell’uomo, il disagio psicologico-identitario dovuto al mondo circostante che cambia, l’oppressione individuale, il giudizio del tribunale, la piccolezza dell’individuo di fronte allo Stato, la violenza inspiegabile. Kafka e Camus criticavano la società del loro tempo. Una critica intelligente basata sulla denuncia di tragedie grottesche. In Il diritto e il rovescio, Camus descrive il suo stato depressivo durante il soggiorno nella capitale cecoslovacca dell’agosto 1936. Jan di Il malinteso riferisce a Martha a proposito della Boemia – Budějovice – titolo originale della pièce. Per quanto riguarda Lo straniero, Camus include anche un uomo cecoslovacco, che prefigura il destino fatale del protagonista Meursault. Praga giocò un ruolo complesso in Camus. È qui che, sempre nel 1936, sperimentò stati di malessere mentale. In un albergo del centro scoprì che un vicino di stanza si era suicidato per un’overdose di morfina.
In un’intervista a Radio Praga, lo scrittore francese Guillaume Basset ha spiegato che per Camus l’esperienza praghese fu come un esilio. Partito per l’Europa Centrale con la fidanzata Simone Hié e l’amico Yves Bourgeois, come ricorda Giuseppe Scaraffia (Touring Club Italiano) il viaggio boemo in kayak peggiorò la sua salute. Preoccupato per la tisi, Camus si staccò dai due e si diresse in treno nella capitale cecoslovacca. Praga avrebbe dovuto avere una funzione pedagogica e di distrazione per Camus. «Da più di un mese vivo come un semifolle nevrastenico e in questi giorni le cose si aggravano ancora», scrisse. Praga divenne luogo di sfogo della crisi per Camus. Ed è qui che decise di separarsi da Simone, dopo che venne a sapere che questa lo tradiva. A Praga raccolse anche idee che confluirono ne Il malinteso. Vagava nei vicoli della Città Vecchia.
Come racconta nella piccola novella “La morte nell’anima”, Camus era attratto dalla Praga mistica di primo Novecento. Andò in Piazza San Venceslao, dunque alla Chiesa di San Nicola. Nella notte, alla ricerca di spunti letterari, Camus sentiva gli odori boemi di marmellata e birra, cetrioli e brace. Alfred Thomas (A Stranger in Prague) ha esplorato il tentativo di Camus a Praga di vincere la sterilità di tematiche da affrontare nei suoi scritti. Squattrinato, lo scrittore ventitreenne non parlava né tedesco né ceco: l’odore dei sottaceti lo perseguitò per tutto il soggiorno. «Gli piaceva il quartiere ebraico e le pietre scure del cimitero israelita», scrive Scaraffia. «Aveva vagabondato tra le cupole d’oro delle chiese barocche. Una sera aveva visto una strana scena: un piccolo gruppo di passanti riunito intorno a un morto, mentre un uomo danzava». Quanto di più ombroso nell’ombrosa città dell’assurdo? Forse solo la sua morte.
Al centro di polemiche, la Cecoslovacchia secondo alcuni potrebbe avere avuto a che fare con la scomparsa dello scrittore franco-algerino il 4 gennaio 1960. Ufficialmente dovuto ad un incidente sulla via per Parigi. Morto a quarantasei anni, secondo alcuni la scomparsa potrebbe essere ricondotta proprio a quell’anticonformismo e anti-totalitarismo manifestato nei confronti del blocco sovietico e le sue violazioni delle libertà individuali. Dopo una militanza comunista in gioventù, Camus – a differenza di Sartre e compagna – si distaccò dall’utopia marxista. Nel libro Camus deve morire, Giovanni Catelli cerca di risolvere l’enigma dell’incidente stradale collegandolo ai servizi segreti sovietici e cecoslovacchi. In realtà, si è sempre parlato della morte di Camus come un qualcosa di misterioso. Odiava guidare. Quel 4 gennaio aveva già acquistato un biglietto del treno per tornare nella capitale francese. Si dice che una volta lo scrittore stesso disse che «il culmine dell’assurdità sarebbe morire in un incidente stradale».
Catelli ha riesumato dal diario dello scrittore ceco Jan Zàbrana una nota interessante. Dietro ordine del ministro degli Esteri sovietico Dmitrij Trofimovič Šepilov, il KGB avrebbe sabotato l’auto per punire lo scrittore vista la sua attività antisovietica e la condanna dell’invasione ungherese del 1956. In particolare, scrive Zàbrana, il sabotaggio sarebbe una «vendetta in seguito ad un articolo pubblicato su Franc-tireur nel marzo 1957 nel quale Camus attaccava […] il ministro a seguito degli eventi in Ungheria». In risposta agli studi di Catelli, Michel Onfray ha detto all’AFP che tutto questo non è realistico, dal momento che il Nobel decise di rincasare a Parigi in auto con l’amico Michel Gallimard solo all’ultimo minuto. I sovietici avrebbero voluto certamente sbarazzarsi di lui, afferma Onfray, ma la pista del complotto comunista non è plausibile. Il giornalista Dario Fertilio invece non ha dubbi.
Per gli agenti del KGB «manomettere l’auto, parcheggiata di notte e incustodita fuori dalla locanda di Thoissey, doveva essere stato un gioco da ragazzi». La teoria del complotto, legata dell’omicidio in collaborazione con i cecoslovacchi, venne rifiutata da Catherine Camus, figlia dello scrittore, che proibì all’editore francese di Catelli di citare i testi del padre. Anche lo storico Vojtěch Ripka, dell’Istituto degli Studi sui Regimi Totalitari di Praga, si è detto scettico in merito. Tuttavia, i fastidi che Camus provocava all’universo comunista erano chiari. A Mosca non piacque il suo sostegno allo scrittore Boris Pasternak, a sua volta Nobel nel 1958, dietro anche insistenza di Camus, così come il messaggio implicito de La peste. Questa, sì era una malattia che devasta la città di Orano, ma in realtà era una metafora che paragona l’avanzare del morbo in Algeria all’ascesa dei sistemi totalitari dell’Europa.
Oggi Albert Camus è molto apprezzato in Repubblica Ceca. Nell’autunno 2020 è uscita una versione in ceco del fumetto di Jacques Ferrandez su Lo straniero. Il Covid-19, ha condotto ad un boom di vendite de La peste. Il che testimonia che Camus continua a essere un autore attuale ed espressione dei profondi legami tra Francia e Cechia, tra Praga e Parigi.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su Progetto Repubblica Ceca)