Il tandem Churchill-Orwell tra totalitarismo e libertà

Siamo sempre meno abituati ad osservare quanto due individui appartenenti a ideologie e partiti diversi possano trovarsi d’accordo su elementi essenziali per l’orientamento della società. In un’epoca di conflitto ideologico lacerante e di supremazia demagogica, dove la realtà viene scassata dalla volgarità delle menzogne e dell’opportunismo politico, occorre ricordare che sono le somiglianze su questioni importanti, piuttosto che le differenze gonfiate ad arte da alcuni agitatori politici su questioni marginali, che andrebbero corroborate. Winston Churchill e George Orwell erano politicamente agli antipodi, ma questo non impediva loro di stimarsi e, soprattutto, di combattere per gli stessi valori e le medesime cause. Da una parte l’impegno contro i totalitarismi, dall’altra la fiera battaglia per affermare la libertà individuale.

Entrambi si stimavano. Da sinistra, Orwell ammirava Churchill, forse l’unico conservatore che godesse di un giudizio positivo da parte dello scrittore. E forse con qualche ragione, visto che d’altra parte il Partito Conservatore degli anni Trenta era quello dell’appeasement. L’uno guardò con ammirazione alle opere dell’altro: sia letterarie che politiche (Churchill sarebbe stato gratificato dal Nobel per la Letteratura nel 1953). Curiosamente, Animal Farm, che Churchill non ha letto, uscì tre giorni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il successo del saggio non alleviò la tubercolosi di cui Orwell soffriva da anni, ma d’altra parte aiutava la società britannica a capire il totalitarismo e le sue storture. L’alterazione del linguaggio sarebbe poi diventato un tema tra i preferiti di Orwell in 1984. Secondo Thomas E. Ricks (Churchill & Orwell), Churchill lesse il capolavoro distopico ben due volte. D’altronde, il protagonista dell’opera si chiamava proprio come lui: Winston.

Entrambi erano consci dell’importanza della libertà personale e della capacità di scegliere la via controcorrente, del dissenso, dell’affermazione dell’individuo. Pagarono a loro modo il loro non conformismo. Da sponde politiche diverse, spesero la loro vita per la causa della libertà del loro paese. Churchill, un Tory, era stato liberale in passato e ammirava il liberalismo economico classico. Orwell, progressista, al mondo labour non ha mai risparmiato critiche ed era per il liberalismo dei diritti umani. Churchill venne escluso per dieci anni dalla vita politica: dal 1929 al 1939 viaggiò parecchio, specialmente negli Stati Uniti. Orwell veniva ripudiato dalla sua fazione politica, quella sinistra socialista che dal 1917 lo scrittore criticò proprio per i tremendi esiti post-zaristi in Russia.

Entrambi erano marginali nella vita politica dei loro partiti negli anni Trenta. Ad accomunarli era l’avversione ai regimi comunisti e fascisti dell’epoca; quelli che avevano stregato sia i conservatori che i laburisti. Comunismo e Fascismo hanno sempre cooperato contro il liberalismo, specialmente negli anni di Churchill e Orwell. Contro la libertà e l’autodeterminazione del singolo, i regimi totalitari hanno speso enormi risorse. Churchill e Orwell, fieramente anticonformisti, non si sono mai accodati in tal senso. I due erano contro l’Antisemitismo: alcuni circoli conservatori erano ancora segnati dall’astio per l’ex Primo Ministro Benjamin Disraeli solo per il fatto che questi fosse di origine ebraica. Nell’aprile 1933, due mesi dopo l’arrivo al potere dei nazisti in Germania, Churchill denunciò il regime hitleriano alla Camera dei Comuni per la persecuzione degli ebrei.

Entrambi erano anticomunisti. Sebbene contribuirono a sconfiggere il Socialismo nazionale nel 1945, i due furono durissimi anche contro il Bolscevismo. Churchill supportò sin dal principio l’Armata Bianca e non quella Rossa. Quella che poi avrebbe “liberato” l’Europea centrorientale ed era comandata da Stalin, che descrisse lo statista britannico come un uomo di cui ne nascono uno ogni cento anni. Quanto ad Orwell, durante la guerra civile spagnola si batté contro le truppe di Francisco Franco, ma venne perseguitato dai comunisti. Il che provocò una delusione che lo segnò profondamente, così come lo fece la guerra coloniale nel Sudest asiatico. Qui Orwell aveva capito le distorsioni del potere e aveva sviluppato il suo anti-totalitarismo, in difesa della libertà di parola e di espressione, contro la sottomissione all’ideologia e le manipolazioni del passato.

Entrambi non erano politicamente liberali, ma del liberalismo avevano capito gli elementi salienti e l’importanza di scegliere la libertà come causa della propria azione politica. Orwell ha sottolineato come la democrazia borghese fosse stata messa sotto attacco sia dei fascisti che dei comunisti. Comunismo e Fascismo aggredirono il liberalismo e la liberaldemocrazia sulla base degli stessi principi. Il che la dice lunga su quanto siano due facce della stessa medaglia. Orwell comprendeva e condivideva le paure di Friedrich von Hayek – fiero oppositore del sistema totalitario, ammirato da Churchill – per i sistemi centralizzati che non lasciavano spazio alle libertà personali. In questo senso, l’economista austriaco potrebbe essere un trait d’union tra Churchill e Orwell. Un terzo polo liberale tra le tradizioni conservatrici, rispettivamente socialiste.

Entrambi aiutarono a far crollare il Nazismo nel 1945, ma non vissero abbastanza per godersi la penosa caduta del Comunismo quasi mezzo secolo dopo. Come riportato da Ricks, Orwell ha spiegato che un comunista e un fascista sono più vicini l’uno con l’altro rispetto a quanto non lo siano alla democrazia. Il Primo Ministro e lo scrittore avevano capito l’importanza dell’individuo. Ma soprattutto, quanto la liberaldemocrazia fosse il regime migliore per garantire la libertà dei singoli. Entrambi erano parecchio popolari alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma avevano perso smalto in un paese da ricostruire dopo una vittoria tra lacrime e sangue. Churchill perse le elezioni nel 1945 e Orwell dovette curare i problemi di salute. Tuttavia, il primo sarebbe politicamente risorto (accedendo nuovamente a Downing Street dopo Clement Attlee); il secondo no.

Entrambi a loro modo, nei rispettivi campi, erano dei geni: tra i britannici più importanti e coraggiosi nella prima metà del Novecento. Entrambi si sono impegnati politicamente e letterariamente per il trionfo della libertà dell’individuo. Churchill aveva sconfitto il totalitarismo del presente e si era battuto per la libertà futura degli esseri umani. Orwell avvisava in merito al totalitarismo del futuro prossimo e alla precarietà della libertà moderna. Fu lui in “You and the Atomic Bomb” (Tribune) ad usare per primo l’espressione “Guerra Fredda”. Di quest’ultima, avevano compreso la logica con anticipo; fu Churchill che parlò di una cortina di ferro nel 1946. Nonostante la sconfitta dei nazisti, i due avevano capito che il totalitarismo non era morto. E né Churchill né Orwell si trovarono a loro agio nel modernismo post-bellico. Il primo aveva riconsegnato la libertà ai cittadini d’Europa; il secondo ha spiegato quanto la libertà fosse preziosa.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su Leoniblog & La Voce di Lucca)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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