C’era una volta la scuola del futuro, ma a dominare è il presentismo scolastico. L’incapacità di guardare alla scuola del futuro. Il sistema scolastico di molti paesi europei necessita importanti modifiche e cambiamenti per affrontare le sfide dell’avvenire. La domanda principale è in che direzione orientare il cambiamento: verso il futuro o verso il passato? “C’era una volta la scuola del futuro” è un titolo che contrappone l’esordio fiabesco con la prosa fantascientifica. È anche il titolo della conferenza che ha visto dibattere ieri sera Ernesto Galli della Loggia – professore ed editorialista del Corriere della Sera con Gerardo Rigozzi, già Direttore di liceo e del Sistema Bibliotecario Ticinese (SBT) e Morena Ferrari Gamba Presidente del Circolo di Cultura Liberale Carlo Battaglini, promotore dell’evento. La scuola sembra aver cambiato le sue priorità e abdicato ad alcune sue naturali prerogative, spiega Ferrari Gamba.
Un tempo, ricorda Rigozzi, la scuola «doveva preparare il giovane ad entrare come cittadino all’interno della società. La scuola non può e non deve abbassare il livello della sua qualità». Galli della Loggia, invece tiene un intervento sul «rapporto tra crisi della democrazia e crisi della scuola. La crisi delle democrazie è la crisi delle élite. Le democrazie europee soffrono di un progressivo abbassamento delle classi politiche». Difficile immaginare soluzione quando anche il personale politico si fa palese vanto di un’istruzione del suo “somarismo”. «Ci voglio élite che facciano scelte impopolari e forti!» E le scuole? Be’, «dovrebbero preparare anche a questo», cioè sfornare un nuovo personale politico del futuro. Tra i mali oscuri addebitati all’istituzione scolastica, c’è anche il fatto che «la scuola non è più un ascensore sociale. La mobilità sociale è un motore della democrazia.
E un regime democratico che non dà la possibilità di sperare in un futuro migliore per i propri figli attraverso la scuola è destinato a perdere consensi», ma anche competitività, risorse, prestigio. Perde il futuro. Secondo lo storico, la crisi dei sistemi scolastici «non è dovuta tanto a come si insegna, ma a cosa si insegna». Cosa deve quindi insegnare la scuola di/in una democrazia? «La scuola democratica di massa deve essere diversa dalla scuola del passato, riservata dalle classi abbienti e liberal-borghesi». Il rapporto con il passato è la chiave per la scuola del futuro e «la scuola che abbiamo frequentato aveva una forte radice nel passato». Galli della Loggia vede il presentismo scolastico come antitesi alle radici della scuola e del tradizionalismo. Insiste sul legame con il passato: «una società non può e non deve dimenticare ciò che è stata».
E ancora: «le democrazie non possono fare a meno del legame sociale col passato. Ma la scuola delle nuove democrazie ha pensato di recidere questo legame». Nella “nuova scuola” o “scuola nuova” non esiste alcuna «costruzione della personalità» né attenzione per la cultura umanistica. «La cultura umanistica è una cultura alta, che non ha nulla a che fare con la cultura di oggi». Essa «fa capire cos’è l’uomo e come funzionano i fenomeni umani. Un gigantesco campionario di storie umane». La cultura umanistica fa capire l’essere umano. E la quella materia, Storia, messa in secondo piano nei programmi scolastici è una «grande palestra obbligatoria per le élite politiche. Ed è questo che ha formato i grandi leader: Winston Churchill, Charles De Gaulle, Franklin Delano Roosevelt … I politici hanno l’obbligo di capire cosa passa nella testa dei sistemi umani». Loro, che la società devono governarla. La società degli uomini.
La cultura umanistica «trasforma il legame tra generazioni». Non solo un legame biologico, di sangue. «Un legame che si sostanzia e va al di là del dato culturale». La cultura umanistica come dogana obbligata per il futuro e contro il presentismo scolastico. Una frontiera con cui dobbiamo fare i conti. Una scuola che non ha legame con il passato, spiega Galli della Loggia, «è alla mercé del presente. In balia dei poteri attorno a lei». Tra cui quelli economici e politici. Il presentismo coniato dall’ospite è una malattia dell’hic et nunc. Io, qui ed ora; in piena contrapposizione con la scuola di un tempo che «aveva una grande funzione di coesione nazione». Una funzione che «la scuola del presentismo non può assolvere. Nel presentismo conta solo il “dove sarò in futuro”, non il passato. «Non importa il fatto che gli studenti usciti da scuola abbiano subito buoni impieghi».
E «guai se questo diventa obiettivo primario della scuola», ammonisce il relatore. Al contempo, anche gli insegnanti «sono stati messi sul binario sbagliato della scuola». Secondo Galli della Loggia ci vuole un rapporto di disparità tra docente e studente. «La divisione dello spazio ha un forte valore simbolico. Come nei tribunali: il giudice sta più in alto dell’avvocato della difesa e del PM». Conclude l’ospite: «il democraticismo colpisce al cuore la funzione dell’insegnante. Sbagliando, perché il professore non deve essere eguale». Per Galli della Loggia la scuola va ripensata da cima a fondo: aggiornata. Una sala piena quella di ieri sera: dodici per otto posti. Diverse file e età alta – aspetto sottolineato anche dall’ospite d’onore. Ed infine il luogo della conferenza: l’aula-eventi dell’autosilo dell’Ospedale Italiano, luogo dove i pazienti si curano. Quasi come a sottolineare che la scuola sotto esame del professore romano è un paziente che necessita cure.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’Osservatore)