Lo scandalo CumEx e quei 52 miliardi rubati ai cittadini

CumEx. Non si è parlato molto in questi anni degli scambi azionari che hanno come solo ed unico scopo quello di ricevere un indebito rimborso delle tasse da parte dello Stato. Sì, è lo Stato che “paga” le tasse ai suoi cittadini (più disonesti). Quando un normale dividendo viene distribuito agli azionisti, lo Stato ne trattiene una parte a titolo di imposta preventiva. Gli azionisti possono poi richiederne indietro gran parte, per evitare una doppia imposizione. Al momento della cessione dell’azione all’acquirente, la medesima figurava essere posseduta non solo da uno, ma da molteplici azionisti, i quali, una volta giunto il momento di chiedere il rimborso all’Erario, si presentano tutti come detentori del medesimo titolo.

Il tutto a carico dello Stato germanico, quindi delle imposte pagate dai cittadini tedeschi. Tedeschi, perché lo scandalo CumEx esplode in Germania nello scorso decennio ed è costato al paese circa trenta miliardi di Euro. Un cambio legislativo ha poi messo fuori legge questa macchinazione nociva per le finanze dello Stato. Ma il problema dei CumEx è tutt’altro che risolto e ha intaccato almeno altri dieci paesi, fra cui le maggiori economie dell’area Euro. Un’investigazione giornalistica ha rivelato che complessivamente la truffa è stata di 52.5 miliardi di Euro per le casse degli stati europei. La più grande truffa nella Storia d’Europa, perpetrata da banchieri, investitori e avvocati; autentici saccheggiatori di miliardi.

Lo scandalo CumEx non è riuscito a fare grande scalpore al di là del suolo germanico. Individuati i primi sintomi in Assia nel 2002, il governo tedesco ha modificato una prima volta la legislazione nel 2007. Cinque anni dopo, ma la cosa è andata avanti fino al 2016, il governo ha messo fuori legge la pratica. Come molte inchieste avviate nelle procure, anche quella dei CumEx è iniziata come inchiesta giornalistica, avviata da due “Bob Woodward & Carl Bernstein 2.0” del loro settore. Oliver Schröm, caporedattore di CORRECTIV e Christian Salewski, reporter della ARD TV. Nel 2017 CORRECTIV decide di coordinare un gruppo di giornalisti da dodici paesi europei, per un totale di trentotto reporter che indagano in un anno sui CumEx.

Nell’estate del 2017, Schröm e Salewki ricevono da fonte anonima una chiavetta USB, con documenti bancari di hedge fund ed altri dati di grandi società fiscali internazionali. Tra i documenti, c’era anche un’e-mail del 7 gennaio 2007, mandato da Hanno Berger, avvocato tedesco titolare di un grande studio di fiscalisti a Francoforte, già direttore all’interno del dipartimento di riscossione fiscale. Il ricevente sarebbe un trader dell’ufficio di Hypovereinsbank, una banca tedesca di proprietà di Unicredit. I pubblici ministeri di Colonia che si sono occupati del caso sono riusciti ad ottenere la collaborazione di Benjamin Frey, nome fittizio. Egli avrebbe testimoniato contro i suoi colleghi dello scambio di quote aziendali. Promessa l’anonimità, Schröm e Salewki riescono ad ottenere un incontro con Frey. Il gioco era fatto: gola profonda avrebbe parlato.

Nel frattempo, le inchieste del piccolo consorzio giornalistico tedesco si allargano: anche giornalisti e autorità danesi stanno investigando sui CumEx. Salta fuori il nome di Sanjay Shah, inglese, figlio di indiani emigrati dal Kenya che ha copiato lo stesso sistema di Berger. Sanjay diviene multimiliardario in pochissimo tempo e come Berger rimane fuori dalle inchieste dei procuratori. Tuttavia, piano piano, emerge la prospettiva di una frode fiscale di taglia europea. I giornalisti hanno carte e materiali, ma la maxitruffa ai danni degli stati europei è ancora da provare, Iniziano quindi a parlare tra loro e il network si amplia. Schröm e Salewski non sono in grado di esplorare e passare al setaccio una marea di carte della USB e che coinvolgono sistemi e regimi fiscali esteri (Italia, Francia, Spagna).

Il 2 febbraio 2018, quindici giornalisti da tutto il Vecchio Continente si radunano a Berlino presso la redazione di CORRECTIV. Nasce il progetto “The CumEx-Files”. Pochi hanno sentito parlare di questi schemi finanziari para-legali, ma la cosa si sarebbe poi sparsa, fino al banco spagnolo Santander. Nell’aprile 2018 iniziano le interviste dei due giornalisti a Frey, già arrestato nella sua villa sul Lago di Zurigo e che rischia sette anni di carcere. La gola profonda inizia a introdurli nel suo mondo per evitare la galera. Di origini umili, Frey ha iniziato presto a farsi strada nel mondo. Per i suoi clienti le tasse sono un grande costo. Meglio non pagarle. Meglio ridurle a zero. O ancor meglio, farsele rimborsare da Berlino senza averne alcun titolo. Frey e Berger non hanno la sensazione di compiere un atto truffaldini.

Grazie allo schermo di compiacenti pareri legali di eminenti fiscalisti credono (e in parte è stato così per molti anni) di essere all’interno della legge. Di calzare perfettamente cioè all’interno dei quadri normativi. Rivendicano con fierezza di aver sfruttato il sistema, il vuoto, la svista legislativa. Hanno sfruttato le possibilità che la legge offriva loro. Berger era diventato da tempo il capo di Frey e ha sempre ritenuto che il sistema CumEx fosse del tutto legale. Stando alle dichiarazioni di Frey, Berger è stato il più temuto revisore dei conti dell’amministrazione fiscale germanica. Passato al settore privato (se non puoi batterlo, compralo), tra i suoi clienti (meglio averli amici, che nemici) figurano anche la famiglia Quandt, proprietaria di BMW e Adidas.

Incredibile, ma vero, il governo tedesco non ha controllato né verificato per anni sul suo proprio impoverimento. Davanti ai giornalisti che lo intervistano, Frey sembra quasi prendersi gioco del farraginoso sistema. Un sistema diventato così complesso che non era chiaro neppure agli effettivi riscossori come funzionasse. La macchina girava, il sistema tirava avanti. Sempre più operatori pensarono bene di mettere le loro mani in pasta. Al crescere esponenziale dei profitti, subentra anche il senso di onnipotenza. Nessuno, secondo Frey, declinava le proposte sue e di Berger. La classica offerta che non si può rifiutare. Chi pensava alla sua reputazione declinava l’offerta, ma lo stesso Frey racconta che si trattava di un’esigua minoranza. Tutti gli investitori sapevano da dove venivano i soldi: dallo Stato.

Da quello Stato foraggiato con le tasse e privato delle stesse. Il business dei CumEx procedeva alla grande. Lo Stato non può fare fallimento e quello tedesco, negli ultimi settant’anni è stato piuttosto lontano da questo rischio. Schröm e Salewki chiedono infine a Frey se i CumEx siano ancora possibili in Germania ed Europa: certo che sì. Ci sarà sempre un modo per trarre l’indebito vantaggio sulla pelle degli altri. Succederà ancora, magari sotto altre forme una nuova generazione sta preparando un nuovo assalto. Il fisco non era stato ingannato solo in Germania, Austria e Danimarca, ma anche, tra gli altri, Italia, Francia, Spagna, Belgio e Norvegia. La crisi sistemica dei CumEx si è sparsa in tutto il sistema bancario europeo. E a rimetterci sono stati i cittadini.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su amedeogasparini.com)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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