Il caso Chiesa che portò all’inchiesta di Mani Pulite

Il 17 febbraio 1992 il socialista milanese Mario Chiesa venne arrestato per aver intascato una tangente da sette milioni di Lire al Pio Albergo Trivulzio di Milano di cui era presidente. Si trattò del rimo atto dell’inchiesta di Mani Pulite, che si abbatté sulla classe politica italiana nei tre anni successivi e scandì una rivoluzione del panorama politico del paese. Colto in flagranza, Chiesa cercò di sbarazzarsi delle banconote gettandole nel gabinetto dell’ufficio. Un vano tentativo, l’ultimo, di occultare un sistema di finanziamento illegale e di corruzione personale, che toccava gran parte della classe politica. L’inchiesta di Mani Pulite partì da quell’episodio minore, attraverso cui gli inquirenti di Milano si estesero con indagini a macchia d’olio sul sistema politico. L’inchiesta contribuì a portare alla fine del sistema dei partiti, che tramite coalizioni centriste a guida democristiana aveva governato e aveva fatto da diga al Partito Comunista Italiano.

Il reato più contestato che consentì lo smantellamento di un sistema corrotto fu il finanziamento illecito ai partiti. Il pool di Milano comprendenti Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo e guidato dal capo Procura Francesco Saverio Borrelli contestò a gran parte della classe politica un rapporto illegale con parte dell’imprenditoria del paese. Un sistema oliato e fondato sull’elargizione delle tangenti per appalti. Il sistema toccava tutti di livello della politica e della società italiana. Dal caso Chiesa, incastrato dal magistrato-simbolo di quella stagione, Di Pietro, si originò una valanga di confessioni sui finanziamenti illegali alla politica. Al San Vittore, Chiesa raccontò di altri impresari da cui aveva ricevuto tangenti, fissate ad una percentuale sul valore dell’appalto presso l’ospizio milanese. Nei mesi, l’inchiesta si ingigantì sempre di più. Gli imprenditori arrestati fecero i nomi di altri imprenditori e politici, poi coinvolti nell’inchiesta.

A Milano, il sistema degli appalti era saldamente in mano alla politica e gestito dal meccanismo delle tangenti – compresi gli ospedali, la metropolitana, il terzo anello dello stadio di San Siro. Nel giro di poche settimane si avviò un effetto domino. Migliaia di manager, imprenditori, politici vengono arrestati. Indebolito dal caso Chiesa, alle elezioni dell’aprile 1992 il Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi flesse leggermente. Tuttavia, il Quadripartito – la coalizione di Democrazia Cristiana, PSI, Partito Liberale e Partito Socialdemocratico – aveva ancora la maggioranza in Parlamento, nonostante l’incremento di voti della Lega Nord che sfruttava il malcontento popolare contro la classe dirigente. Le inchieste giudiziarie coinvolsero anche il Partito Democratico della Sinistra (ex PCI). Avvisi di garanzia ricaddero su tutta la classe politica. Nel dicembre 1992 Chiesa enne condannato e Craxi ricevette la notifica di indagini sul suo conto.

La classe politica italiana, nonché la fiducia dei cittadini nella stessa, si frantumò nel biennio 1992-1993. Sullo sfondo, anche gli omicidi di Mafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le bombe a Milano, Firenze e Roma. L’uscita dell’Italia dallo SME e i suicidi del Deputato Sergio Moroni, il presidente dell’ENI Gabriele Cagliari e della Ferruzzi Raul Gardini. I referendum sulla preferenza unica e l’uninominale segnarono l’addio alla legge elettorale proporzionale. I tentativi della classe politica, via il “colpo di spugna” del Decreto Conso, di depenalizzare il reato di finanziamento illecito suscitarono ancora più sdegno popolare. La scoperta di un sistema tangentizio capillare sfociò nel processo Enimont e la sfilata dei leader politici in Tribunale. Tutti i vertici dei partiti – condannati Craxi (PSI), Arnaldo Forlani (DC), Giorgio La Malfa (PRI), Renato Altissimo (PLI), Umberto Bossi (Lega Nord).

Il sistema truccato degli appalti era antieconomico e antidemocratico. Sfalsava il mercato e non aveva nulla a che fare con la necessità di fare da diga all’ex PCI o con il fatto che “la politica costa”. La classe politica si è difesa dicendo che il finanziamento pubblico non era sufficiente. E dunque erano necessarie forme alternative – che incrementarono il debito pubblico, sfalsarono la concorrenza, alzarono il prezzo dei beni e dei servizi. Gli imprenditi guadagnavano dal sistema di do ut des, trasformando con la classe politica la città di Milano in Tangentopoli. Di fronte alla città della corruzione sistemica, il pool milanese fece largo uso della custodia cautelare per indurre le confessioni degli indagati di modo da svelare altri attori coinvolti nella rete clientelare. Quella sulla carcerazione preventiva è una delle tante polemiche attorno alla stagione di Mani Pulite; l’inchiesta ebbe un supporto popolare e mediatico notevole.

Da una parte c’è chi accusa la Procura di Milano di aver orchestrato un colpo di Stato e il crollo della classe politica per fini politici, salvando alcuni dalle inchieste e condannando altri. Dall’altra, i paladini e i megafoni della magistratura che ritenevano che tuti fossero corrotti e colpevoli e dovessero essere purgati da un’azione correttiva e morale degli eroi-magistrati di Milano. Questo devide ha animato il dibattito politico dei trent’anni che sono seguiti. Quello che è certo, è che complice il crollo del Muro di Berlino del 1989, la classe politica fu più fragile e liquida rispetto ai tempi della Guerra Fredda. E nel deserto politico e l’azzeramento della classe dirigente che guidò il paese dal 1948, alle elezioni del 1994 si presentò Silvio Berlusconi. Il Cavaliere inaugurò una “Seconda” Repubblica che iniziò nel segno di Mani Pulite.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’universo)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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