Elezioni in Romania: da Ceaușescu a Iliescu

Di libere elezioni in Romania non si parlava da anni. E sul finire degli anni Ottanta, la situazione economica nel paese era spaventosa. Il Socialismo nazionale applicato all’economia fu devastante; a Bucarest più che altrove nel mondo oltre-cortina. Nella prima metà degli anni Ottanta l’autarchia era diventata il sogno di Nicolae Ceaușescu. Questi, relativamente “autonomo” rispetto a Mosca e su diverse posizioni più allineato a Tito Broz che ai boss sovietici. Finanze ed economia al collasso, povertà dilagante, nepotismo, corruzione sistemica, repressione dei civili, disoccupazione alta. Era questa la Romania dei Ceaușescu. Il settore primario di cui viveva il paese era stato trascinato nell’abisso dai simil-piani quinquennali che fecero della miseria e del terrore le massime cifre del regime comunista. Qualunque cittadino fosse ritenuto “sospetto” veniva fatto scomparire dalla Securitate, nelle gole recondite di un paese in costante blackout economico ed energetico.

Curioso che, in termini di politica estera, la Romania fu l’unico paese del Patto di Varsavia che mantenne i rapporti con Israele, ma a che prezzo. Gli ebrei rumeni – la cui repressione negli anni Trenta-Quaranta, come ha raccontato Hannah Arendt, spaventava addirittura i nazisti – venivano venduti a Israele. Nel frattempo, fiumi di denaro vennero incamerati sotto l’ala di Ceaușescu, incurante dello stato in cui portò la Romania alla vigilia degli anni Novanta. Gli stessi anni che l’Occidente liberaldemocratico ed atlantico avevano certificato il benessere di milioni di individui ben prima del calare della Guerra Fredda. Con la brutale rivoluzione del 1989 – quella rumena fu l’unica violenta nell’ex blocco comunista – la Romania post-Ceaușescu si avviò verso le consultazioni elettorali, tratto comune dei paesi dell’Europa Centrale nel 1990.

Il 20 maggio di trent’anni fa, in meno di sei mesi dalla rivoluzione scaturita dalle proteste di Timișoara, si tennero le prime elezioni presidenziali dopo quattro decenni. L’entusiasmo fece registrare un tasso di affluenza dell’ottantasei per cento. Le elezioni in Romania si conclusero con la vittoria di Ion Iliescu, il cui partito, il Fronte di Salvezza Nazionale, ottenne la maggioranza nei due rami del Parlamento. A differenza di Václav Havel o di Lech Wałęsa, Iliescu non era un dissidente; era un politico: era un “ex”. Figura ancora oggi a dir poco controversa, non era il volto nuovo della politica rumena. Accusato di essere troppo vicino al modello comunista che a parole voleva smantellare, Iliescu invocò poi l’intervento dei minatori per placare le incessanti proteste che bloccavano il paese e che ne allentarono il percorso verso la stabilizzazione politica ed economica in senso occidentale.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’universo)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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