Un mondo di populismo autoritario e illiberale

Il metodo populista prevede un esplicito ed incessante richiamo al popolo. Si appella a ricordi passati e soluzioni semplici, ad uno “stare insieme” ancestrale. Consente di superare ogni divisione e conflitto. Il populismo sfrutta il popolo, celebrandolo. Il populismo è anzitutto un sintomo di inadeguatezza profonda dei gruppi dirigenti tradizionali. Già in Economia e società del 1921 Max Weber aveva spiegato che un leader carismatico si presenta sempre in tempi di grave crisi sociale combinata a un forte stato di ansia collettiva. Il leader politico demagogico, sollecitatore del ventre popolare, è chiamato a sopperire alle mancanze della classe politica precedente, indebolita dalle proprie mancanze e miopie. Il leader si appella all’antipolitica che, come ha scritto Yves Surel, è «uno strumento al servizio di un progetto politico che mira a cambiare lo status quo».

Non a caso, si parla di populismo autoritario e illiberale. Le correnti politiche-autoritarie ed illiberali che usano il populismo come strumento acchiappa-folle appaiono in periodi di incertezza, dove la confusione politica è endemica. Crisi culturali, economiche, sociali. Il populismo autoritario offre spiegazioni rozze, semplici ed efficaci. Non serve a molto quella che Leo Strauss chiamava reductio ad hitlerium, ovvero la condanna forsennata dei movimenti populisti, nonché l’accostamento di essi alle efferatezze del dittatore di turno del passato. Una mossa sterile e controproducente, anche perché, come ha scritto Antonio Polito (Corriere della Sera, 26 settembre 2019), sono «la debolezza dei parlamenti, lo scarso consenso di cui godono i partiti che tradizionalmente li animano, la difficoltà di mantenere la promessa della prosperità, ad aver evocato dalle viscere della società del Terzo Millennio gli spiriti dell’autocrazia».

Sono i leader autoritari nel mondo d’oggi: tutti ai vertici dei governi dei più importanti del pianeta. Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdoğan, Jair Bolsonaro, Rodrigo Duterte, Nicolás Maduro. Per non parlare dei vertici di regimi come Tagikistan, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Vietnam e Ungheria. Essi non fanno mistero di considerare la democrazia come un qualcosa di accessorio. Quasi tutti i leader demagogici usano il metodo del populismo autoritario nel condurre la loro politica, mostrano disprezzo per la diversità e i diritti umani. Sono liberticidi e usano l’autoritarismo come sistema di governo. Il nazionalismo, una delle anticamere del sistema totalitario, mira alla divinizzazione dello Stato, nonché alla creazione di un nuovo tipo di identità. Un nuovo uomo.

Un uomo che non si riconosce più nel secolare liberalismo (“obsoleto”, come ha detto Putin al Financial Times) o nella democrazia liberale. Pertanto, i leader demagogico-autoritari propongono e impongono un nuovo tipo di democrazia: quella illiberale. Che «non significa nulla poiché una democrazia con diritti civili sotto sorveglianza dell’esecutivo e senza una pubblica e libera competizione politica non può esistere», avverte Nadia Urbinati (Corriere della Sera, 8 luglio 2019). Gli autocrati di oggi sono eccezionali a capire il potenziale della tecnologia al servizio della corroborazione del loro consenso prima (quando sono semplici candidati nel gioco democratico) e della repressione poi (quando conquistano il potere).

Il loro linguaggio, il primo sintomo che dovrebbe far accendere i fanali d’emergenza del cittadino, assomiglia a quello che alcuni uomini forti del passato usavano nelle piazze. «Il linguaggio becero, la maschera da cattivo, […] le iperboli sono una componente costante del linguaggio populista. Servono a “parlare come il popolo”, a “farsi capire dal popolo”», ha scritto Sigmund Ginzberg (Sindrome 1933). Il populista-autoritario ha bisogno di trasformare tutto in una spettacolarizzazione continua per mantenere il contatto col popolo-folla. Il populista-autoritario si vanta di avere la licenza popolare: il consenso “del popolo” come chiave per accrescere il proprio potere. Il leader demagogico e illiberale ha il suo fascino e strumentalizza il concetto di popolo. Usa il metodo autoritario per affermarsi.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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