Figlio di un funzionario di dogana (come un vecchio collega-dittatore del passato), Augusto Pinochet era un personaggio del tutto anonimo prima di prendere il potere in Cile. Era ritenuto un uomo scialbo. L’esercito – che scalò fino al grado di generale non senza l’appoggio politico di chi poi rimpiazzò alla Presidenza del paese – era per lui una seconda casa. Poco l’interesse per la politica negli anni Cinquanta. Prima del 2001, l’11 settembre era comunemente riferito al colpo di Stato in Cile. La data ripercorreva nell’ordine: l’assalto al Palazzo della Moneta, l’omicidio di Salvador Allende e la presa del potere della giunta militare. Quella di Pinochet era una dittatura, un regime criminale e autoritario che durò oltre tre lustri, con il placet degli americani. La CIA e l’amministrazione di Richard Nixon sostennero il generale nel suo colpo di Stato. L’uomo forte arriva sempre nei momenti di crisi.
Crisi politica, crisi istituzionale, crisi economica, crisi sociale. Di solito, il futuro uomo forte proviene da un contesto modesto; passa dunque sottotraccia quando intende far breccia nell’opinione pubblica. Magari è anche timido, non desideroso di apparire, almeno inizialmente. Fino al grande momento, alla grande occasione: quella di spiccare il volo verso la forsennata la presa del potere politico. Le modalità con cui egli si conquista sono diverse. Colpi di Stato ed elezioni favorevoli che degenerano in autoritarismo sono le due forme predilette che gli aspiranti dittatori. Il Maccartismo degli anni Cinquanta nell’ottica statunitense andava esportato anche in Sud America, regione strategica per gli Stati Uniti. Con l’Operation Condor, in diversi stati dell’America Latina si diede il via ad una serie di politiche repressive e torture degli oppositori politici sgraditi al regime di turno, quindi a Washington. Dal Paraguay al Brasile, dall’Uruguay all’Argentina.
A Santiago, la Gestapo cilena si chiamava DINA: migliaia di arrestati, migliaia di emigrati. Esecuzioni, rapimenti, torture, carovane della morte. Il regime di Augusto Pinochet fu spietato nei confronti dei dissidenti, molti dei quali lasciarono il paese. Paese che ancora oggi a livello di opinione pubblica conferisce a Pinochet lo status di personalità controversa, non unanimemente quello di brutale dittatore che egli fu. Come diversi uomini forti che in Europa regnarono incontrastati fino agli anni Settanta (António Salazar in Portogallo e Francisco Franco in Spagna) anche Pinochet era un cattolico praticante. Dio, patria e famiglia. Tuttavia, a differenza dello statalismo imperante negli ambiti economici che contraddistingue ogni dittatore nei primi tempi del regime Pinochet si affidò alle politiche dei Chicago boys. Conseguentemente alzò il livello di benessere nel paese, anche se poi l’esperimento liberista venne abbandonato a favore delle nazionalizzazioni.
Il prezzo fu però inaccettabile: la sospensione della democrazia. Contrariamente alla relativa e debole libertà economica, mancava la libertà politica. Partiti politici al bando e censura. La crisi petrolifera del 1973 si abbatté anche sulla fragile economia cilena. Rinascita nel 1977, con crescita media attorno al sette per cento fino al 1982, crescita del cinque per cento medio fino al 1990. Controverse le parole di Milton Friedman che nel 1980 affermò: «Il Cile non è un sistema politicamente libero, e io non posso perdonare questo. Ma il popolo è più libero che nelle società comuniste perché il governo ha un ruolo più piccolo. Le condizioni delle persone in questi ultimi anni sono andate sempre meglio e non peggio. Sarebbero ancora meglio se riuscissero a sbarazzarsi della giunta ed essere in grado di avere un sistema democratico libero».
Sembra un paradosso, ma fu Augusto Pinochet a stabilire i limiti della sua permanenza a dittatore del paese. E lo fece con un cambio di Costituzione approvato dal referendum, guarda a caso, dell’11 settembre 1980. Restò al potere fino al 1988, quando si sarebbe tenuto un altro referendum per confermarlo per altri otto anni. Scaricato anche dagli americani (Ronald Reagan cominciò a prendere le distanze dal dittatore), Pinochet fu messo con le spalle al muro. Accettò l’esito del referendum che lo vide sconfitto: erano i “giorni dell’arcobaleno”. Come ha scritto Fareed Zakaria (The Future of Freedom), alla fine Pinochet ha portato il suo paese verso la liberaldemocrazia. La transizione fu lenta: le elezioni si tennero nel dicembre del 1989. La vittoria del partito cristiano-sociale di Patricio Aylwin segnò l’inizio della democrazia in Cile. Era l’11 marzo del 1990: trent’anni fa.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su Immoderati)