Quanto conta oggi l’Italia per Washington in termini geopolitici? «Zero», ha risposto Michael Ledeen, intervistato da Alan Friedman nel libro Questa non è l’America. «L’Italia era un paese interessante, in passato, perché aveva il più grande partito comunista fuori dal blocco sovietico […]. Quando l’Unione Sovietica è collassata e il Partito Comunista è morto, l’Italia non era più così interessante. Questa è la verità di fondo. Oggi l’Italia conta per i rapporti commerciali, il cibo e le vacanze». Nello scacchiere della geopolitica mondiale l’Italia ha contato sempre meno dalla fine della Guerra Fredda in poi. I motivi non sono solo collegati al discorso sulla fine del sistema dei blocchi: con il cambio di assetto degli anni Novanta, in Italia e nel mondo si sono aperti nuovi orizzonti di libertà economica e individuale.
Secondo Giuseppe De Rita (Corriere della Sera, 24 gennaio 2020), «senza forti scelte di appartenenza internazionale gli italiani […] perdono […] compattezza collettiva […], pagando il peccato storico di un’enorme esplosione di ceto medio che non è riuscita a formare una classe di media e alta borghesia, capace di una scelta di appartenenza chiara e forte; rimanendo quindi informe e liquida, in balia di onde, richiami, tentazioni». Diversi paesi hanno saputo sfruttare l’enorme varco del post-1989 per crescere in tutti i sensi. Altri invece non hanno intavolato riforme rilevanti e hanno deciso di vivacchiare tra debolezze del passato e incertezze del presente. Il risultato e che all’inizio del terzo decennio del terzo millennio i paesi di questa seconda categoria sono diventati sempre più marginali in termini di geopolitica.
L’Italia non ha la crescita di Romania, Ungheria o Polonia. Non ha l’apparato commerciale della Germania. E non ha l’influenza in termini di relazioni internazionali della Francia. L’Italia deve decidere il suo corso: l’impaludamento che si è autoinflitta da decenni dal punto di vista economico è pari alla sua lentezza e progressiva irrilevanza geopolitica. L’Italia è ancora potenzialmente strategica; non è un caso che la Cina abbia dimostrato interessi e versato miliardi per i porti sul Mediterraneo. Tuttavia, a livello politico sembra mancare l’intenzione di voler “contare davvero” nella geopolitica. Così come voler stare nelle stanze e ai tavoli che contano, rafforzare i legami con gli alleati storici. Non può dunque stupire la debolezza strutturale italiana che deriva dalla “scelta di non scegliere”.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’universo)