Pentagon Papers: documenti t(r)op secret del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sulla guerra del Vietnam. Portati a galla nel 1971, contenevano anche le controverse motivazioni che hanno spinto diversi governi a Washington a dare battaglia nel Sud-Est asiatico dopo insurrezioni filocomuniste. Quella del Vietnam fu la prima sconfitta dell’aquila a stelle e strisce. Una ferita ancora oggi aperta per i patrioti statunitensi. I Pentagon Papers, settemila pagine raccolte dal 1945 al 1967, hanno giocato un ruolo essenziale nel fortificare l’opinione pubblica di allora contro la guerra in Vietnam. Innumerevoli le proteste e le manifestazioni negli Stati Uniti contro quel conflitto.
Una guerra impressa nella memoria dei combattenti che, rientrati in America, hanno dovuto affrontare gravi traumi. Non era abbastanza continuare una guerra contro le potenze capeggiate fino al 1969 da Ho Chi Minh. Quello che più colpì gli americani fu la sistematica bugia dei governi in merito alla guerra stessa. Dopo un intenso travaglio interiore, Daniel Ellsberg – “geniaccio del Pentagono” laureato ad Harvard, analista della difesa – cominciò a fotocopiare clandestinamente quelli che poi si sarebbero chiamati Pentagon Papers. I documenti erano stati commissionati da Robert McNamara, Segretario alla Difesa ed erano protetti dal segreto di stato. Nel 1971 vennero ceduti al The New York Times.
Julian Assange, Chelsea Manning e Edward Snowden docent: erano e restano tanti gli interrogativi etico-morali sul furto di carte segrete. Il quotidiano dell’ottava strada di NYC pubblicò una parte dei documenti a firma di Neil Sheehan e per questo ricevette un’ingiunzione dal tribunale. Cosa che non fermò i concorrenti del The Washington Post diretto da Ben Bradlee che pubblicò parte dei Papers, sfidando l’amministrazione di Richard Nixon. L’intera classe politica americana finì di fronte al tribunale dell’opinione pubblica per le rivelazioni dei documenti. Questi mettevano nero su bianco i rapporti nascosti per decenni di una guerra ingiustificabile. Ma dopo l’appello del NYT alla Corte Suprema, questa si pronunciò a favore della libertà di stampa.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’universo)