Verità e menzogna: l’ultima lezione di Umberto Eco

Una piccola raccolta: il libro postumo di Umberto Eco, Quale verità? Mentire, fingere, nascondere (La Nave di Teseo 2023), comprende una serie di saggi che il linguista piemontese scrisse tra il 1969 e il 2013. Qui analizzava tematiche quali l’illusione e la realtà, il falso e il segreto. Ma anche il segno e il mito. Forse complici gli ultimi suoi anni di vita, quando si stava aprendo la stagione e la popolarizzazione delle fake-news e della post-verità, la raccolta inizia con il tema dell’illusione della verità. Ma fake news e buon giornalismo erano nel dibattito pubblico già negli anni Sessanta. Già nel 1969, ad esempio, Eco rispondeva ad un articolo di Piero Ottone sul giornalismo italiano, contestando il mito dell’obiettività. «Il giornalista non ha un dovere di obiettività. Ha un dovere di testimonianza. Deve testimoniare su ciò che sa […] e deve testimoniare dicendo come la pensa lui».

Secondo Eco, «il compito del giornalista non è quello di convincere il lettore che egli sta dicendo la verità, bensì di avvertirlo che egli sta dicendo la “sua” verità». Il lettore, oggi come allora, sarà beneficiario di un’informazione più accurata se sa da principio come la pensa l’autore, sostiene Eco. Il semiologo tratta anche il percorso verso la verità e l’oggettività, difficile da trovare. E nel percorso che il giornalista – o lo storico – compie alla ricerca della verità, trova parecchie insidie. Le notizie false, certo, ma Umberto Eco analizza anche la tematica del plagio. «In una società in cui le parole sono usate anzitutto nel loro valore emotivo, gli uomini non sono liberi». Ecco che la ricerca della verità è intersecata a quella della libertà: si è liberi solo se si conosce. Sul rapporto plagio-verità, si leggono nel volume le analisi di Eco sul processo contro Aldo Braibanti.

Assieme con Alberto Moravia, Alfonso Gatto e Cesare Musatti, Eco era a favore dello scrittore-drammaturgo. Giustificò così la sua presa di posizione al tempo: «Scopo del nostro scritto non era discutere cosa fosse il plagio, bensì mostrare quali contorsioni verbali si sono dovute realizzare per poter dar forma all’ipotesi di un plagio». Dal plagio alle bugie, passando per i problemi della stampa: Umberto Eco criticò aspramente la logica, non scomparsa (anzi!) del “sbatti il mostro in prima pagina”. Che rende difficile una difesa efficace del presunto colpevole e che spesso differisce dalla verità dei fatti. «Difendersi dalla stampa, da noi, è ancora un privilegio di classe», scriveva nel 1972 sull’Espresso a proposito del film omonimo di Marco Bellocchio. Sempre in ambito di stampa e politica, bugie e comunicazione, Eco ricorda anche lo scandalo Watergate e la caduta di Richard Nixon.

Qui il semiologo analizza la bugia e le reazioni e le maschere del potere una volta che la bugia è svelata. Da sempre, il cosiddetto “potere” si serve della menzogna. «Ciò che appare positivo […] è che, di fronte alla pressione della stampa, senza che ci fossero ancora prove precise, non potendo resistere alla marea montante del semplice sospetto, il presidente degli Stati Uniti abbia dovuto giustificarsi agli occhi di duecento milioni di cittadini, mettendo a nudo le proprie debolezze e […] le proprie paure e la propria angoscia». L’autore mostra come il “potere” si adatti, tramite i media, anche alle conseguenze della falsità. Menzogne e bugie, cospirazioni e trame sono tra gli avversari della verità, giacché falsificano la realtà. Sembrerebbe infine che Eco, nel corso dei suoi scritti estesi su più decenni, renda questi avversari della verità dei sinonimi: le cospirazioni non sono infatti che un esempio di menzogna.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su La Voce di New York)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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