A Villa Manzoni per scoprire il genio de “I promessi sposi”

Villa Manzoni si trova alla fine della superstrada che da Sud conduce a Lecco. I cieli azzurri di Lombardia raccontati Alessandro Manzoni invocano il silenzio che regna nella villa. Lecco non è solo il luogo dove lo scrittore ha trascorso parte dell’infanzia, ma è anche la città in cui partono le vicende del suo capolavoro, I promessi sposi. La corte nobile della villa del Caleotto è di inizio XVIII secolo. Giacomo Maria Manzoni fu il primo esponente della famiglia a stabilirsi in città. Oggi Villa Manzoni è aperta al pubblico e racconta ai visitatori la storia dello scrittore e dei suoi personaggi. Il romanzo è ambientato nella Lombardia tra il 1628 e il 1630. I protagonisti sono Lucia Mondella e Renzo Tramaglino, il cui matrimonio viene impedito da Don Rodrigo. Il signorotto spagnolo ordina ai bravi di non far celebrare il rito da Don Abbondio.

Dopo il tentativo di rapimento della ragazza, i fidanzati devono separarsi. A Monza Lucia incontra la monaca di Monza e poi l’Innominato di Milano. Renzo invece viene coinvolto nei moti popolari del 1628 e deve rifugiarsi nel Bergamasco. Contrae la peste e rincontra Lucia al lazzaretto di Milano. Morto Don Rodrigo, il romanzo finisce con un lieto fine. L’opera ha avuto due grandi edizioni: quella del 1827, la “Ventisettana”; e quella del 1840, la “Quarantana”, resa celebre dalle illustrazioni di Francesco Gonin. Villa Manzoni fu la residenza principale dei Manzoni sin dal 1612. Dopo varie ristrutturazioni, nella seconda metà del XVIII secolo, Pietro Manzoni, padre di Alessandro, volle dare un aspetto neoclassico al complesso e fece aggiungere una cappelletta privata, dove oggi è sepolto. Le due corti del palazzo separano la parte rustica e quella nobile.

La villa include anche un parco sul retro dove un tempo c’erano i vitigni. Nel 1818 Alessandro vendette l’edificio all’industriale Giuseppe Scola. Negli anni Settanta del Novecento Villa Manzoni fu venduta al Comune di Lecco che ne fece un museo una decina di anni dopo. Alessandro Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1785. Il padre si trasferito nel capoluogo lombardo dopo il matrimonio con Giulia Beccaria, la figlia di Cesare Beccaria, autore del Dei delitti e delle pene. Don Manzoni era più vecchio della consorte di oltre una generazione. È probabile che il padre di Alessandro fosse in realtà Giovanni Verri, con cui la Beccaria ebbe una relazione negli anni Ottanta. Furono intensi i rapporti che Manzoni ebbe con Lecco. Tornava alla Villa Caleotto durante le vacanze scolastiche e passava al tempo libero nei rioni popolari sul Lario.

L’infanzia dello scrittore fu segnata dal confinamento nei collegi. Nel 1791, a soli sei anni, fu mandato a Galbiate da una balia, poi presso i padri somaschi a Merate e Lugano. Non incontrò la madre fino al 1805, quando la raggiunse a Parigi. A Milano frequentava teatri e sale del gioco d’azzardo; iniziò una relazione con Luigina Visconti, sorella dell’amico Ermes Visconti. La prima stanza di Villa Manzoni ospita affreschi originali e la tavola da pranzo. È molto estiva ed è arricchita, con gusto romantico, da quadri di metà Ottocento. Le foto vicine alle finestre testimoniano le visite alla villa, tra le altre, di Umberto I e del cardinale Pietro Maffei. Nella sala da pranzo venivano accolti i pellegrini che volevano rendere omaggio postumo al Manzoni. Sulla destra, una piccola stanza che ospita la culla in vimini del piccolo Alessandro.

Esposta in vetrina la cuffia che indossò nel 1785 al battesimo. Qui anche un dipinto di Andrea Appiani che raffigura Giulia con il bambino. Poi un’illustrazione delle nozze con Enrichetta Blondel nel 1808. Nello studio ci sono anche dei piccoli occhiali, una tabacchiera e i diversi ritratti: in questa stanza Don Lisander iniziò la stesura del capolavoro. C’è anche un ritratto senile ad opera di Giuseppe Molteni; poi una copia del famoso dipinto di Francesco Hayez del 1841. L’ambientazione storica del romanzo del Manzoni è richiamata nelle incisioni nello studio che raffigurano il Lecchese degli ultimi secoli. Si passa poi al salotto delle grisaglie, in cui è conservato il costume di Don Rodrigo dello sceneggiato Rai di Salvatore Nocita nel 1989. Il lampadario in vetro di Murano venne portato in dote dalla Beccaria per il matrimonio con il Conte Pietro.

Gli affreschi raffigurano Achille che trascina il corpo di Ettore e Ulisse che esce dalla caverna di Polifemo. La realizzazione dei cicli epici è attribuita a Giuseppe Lavelli. Ristrutturato fine del XVIII secolo, il salotto delle grisaglie era il salone di rappresentanza. Sul soffitto anche i quattro grandi poeti classici: Omero, Pindaro, Orazio e Virgilio. La stanza adiacente – la Sala Rossa, per via delle pareti color ceralacca – ospita l’evoluzione poetica e prosaica dello scrittore, ma anche le opere che più lo influenzarono. La Musogonia (1802) di Vincenzo Monti; Dell’origine e dell’officio della Letteratura (1803) di Ugo Foscolo; In morte di Napoleone (1828) di Lord Byron; La morte del Conte di Carmagnola (1834) di Luigi Cibrario. Del Manzoni ci sono: In morte di Carlo Imbonati (1806), Adelchi (1822), Tragedia (1826), Il 5 maggio (1828), “Inni Sacri” (1985). Poi Osservazioni sulla morale cattolica. Opere inedite” (1883) a cura di Pietro Brambilla.

Dunque, tre tomi de I promessi sposi. Il 24 aprile 1821 Manzoni cominciò la stesura del romanzo. Il titolo pilota era Fermo e Lucia, una proposta dell’amico Ermes – ma presto fu chiaro che non risultava attraente per i lettori. La minuta fu ultimata il 17 settembre 1823. Il romanzo storico prese spunto da eventi e personaggi realmente esistiti. La storia della Monaca di Monza era ispirata alle vicende di Marianna De Layva, mentre Bernardino Visconti ispirò l’Innominato. Manzoni era insoddisfatto della prima bozza mandata all’Ermes e a Claude Fauriel. Il problema atteneva principalmente la lingua, giacché il Manzoni voleva scrivere un romanzo popolar-nazionale in lingua moderna, non in milanese o in francese. Con la celebre risciacquatura dei panni in Arno Manzoni impose un nuovo codice linguistico anche in Settentrione. Riscrisse dunque il romanzo, che uscì nuovamente tra il 1840 e il 1842.

Tuttavia, Manzoni continuò ad apporre modifiche sostanziali al romanzo fino all’ultima edizione. Le litografie in bianco e nero appese ai muri della Sala Rossa raffigurano i protagonisti. Presenti alcune stesure del libro con le illustrazioni di Giorgio de Chirico del 1964. Oltre al ritratto del Manzoni di Molteni, la stanza adiacente presenta anche le mappe di Lecco e Milano del XVIII secolo, dunque la battaglia del 1799 tra Cassano D’Adda e Lecco che pose fine alla prima Repubblica Cisalpina fondata da Napoleone Bonaparte. Tra le innovazioni della Quarantana – il primo romanzo illustrato italiano – il Manzoni introdusse anche l’espediente del flashback, che amplia l’elemento spazio-temporale del romanzo. A Villa Manzoni nacque il capolavoro: dalle edizioni esposte qui si evincono la grande pazienza e dedizione dell’autore. I promessi sposi è un’opera di impegno civile e di eredità illuministica, ma soprattutto è il romanzo storico per eccellenza.

Oggi il finale del romanzo pare quasi ingenuo; la ricongiunzione di Renzo e Lucia è la manifestazione più evidente della fede nella Provvidenza, a cui i contadini manzoniani fanno costante riferimento e appello alla luce degli episodi che li vedono all’interno di eventi più grandi di loro – dalla scommessa di Don Rodrigo ai moti milanesi, fino alla peste. La fede nella Provvidenza è l’unico conforto per le vittime del potere e delle ingiustizie sociali. La stanza del caminetto, un tempo la cucina, ospita i pannelli esplicativi attorno alla piccola disgressione sulla colonna infame. Al Manzoni venne riconosciuta una pensione vitalizia per i servizi resi alla patria dal Re Vittorio Emanuele II. Un’ampia illustrazione mostra Giuseppe Garibaldi e Manzoni, ma vicino alle cucine ci sono esposte anche le bozze del discorso che Giosuè Carducci tenne a Lecco in occasione dell’inaugurazione del monumento al Manzoni nel 1891.

La “stanza della politica” di Villa Manzoni esplora le connessioni tra lo scrittore e la politica. I primi interessi in questo senso si manifestarono nel 1801. D’ispirazione liberal-conservatrice, egli tuttavia non prese mai parte attiva negli avvenimenti del Risorgimento. Eletto deputato nel 1849 ad Arona, lo scrittore rifiutò la nomina perché non si considerava idoneo alla carica. Nel 1861 il Re lo nominò senatore. Nel 1872 divenne cittadino onorario di Roma. Critico nei confronti della Rivoluzione francese nel 1789 e quella italiana del 1859, Manzoni era comunque favorevole all’unificazione d’Italia sotto un regime monarchico e liberale. Favorevole all’abolizione del potere temporale dei Papi, è ascrivibile al liberalismo romantico dell’Ottocento. Come i coevi Antonio Rosmini e Antonio Stoppani, fu un cattolico anticonformista lontano e dalla sinistra anticlericale e dalla destra massonica. La penultima stanza riguarda la commercializzazione de I promessi sposi, riprodotto in innumerevoli rappresentazioni teatrali.

Solo tra il 1828 e il 1838 e uscirono dodici traduzioni in francese, due in inglese, tre in tedesco, due in spagnolo. Poi anche edizioni in russo, polacco, olandese, danese e svedese. Poche opere italiane hanno avuto la fortuna de I promessi sposi. La sala cinema ospita le proiezioni dei più famosi film sul lavoro del Manzoni. Dal momento che la complessità di personaggi ed eventi rendono tutt’ora difficile inscenare il romanzo in una singola pellicola, nell’era di Netflix sarebbe interessante produrre una nuova serie tv. La prima versione sonorizzata era del 1941, regia di Mario Camerini con Gino Cervi e Dina Sassoli – sceneggiatura rivista da Emilio Cecchi. La prima realizzazione a cura di Sandro Bolchi apparve in Rai nel 1967. Lo sceneggiato vede come protagonisti Nino Castelnuovo e Paola Pitagora. Seguì dunque l’edizione di Nocita con musica di Ennio Morricone.

Giunti all’uscita sulla seconda corte, a Villa Manzoni è possibile visitare anche le cantine. La botola sotto il cortile accoglieva la neve e serviva a conservare gli alimenti. La cantina, ricca di botti di vino, conserva un’atmosfera suggestiva, ricreata anche dai torchi originali. La cappelletta in stile neoclassico ospita le spoglie degli Scola. Qui c’è anche un quadro ad olio che raffigura la conversione dell’Innominato, uno dei momenti più emotivi del romanzo. In molti vollero assistere ai funerali di Manzoni, celebrati a Milano il 29 maggio 1873. Il 6 gennaio lo scrittore scivolò battendo la testa su uno scalino mentre usciva dal San Fedele. Pierluigi Manzoni, il primogenito, lo accudì fino alla tarda primavera, quando spirò. Il corpo fu imbalsamato da sette medici incaricati dal Comune. Per l’occasione Giuseppe Verdi compose il famoso “Requiem”. Alessandro Manzoni riposa al Monumentale di Milano.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su AlterThink)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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