Non era abituato al lago, ma ai panorami mozzafiato sì. Forse perché doveva curare un corpo stanco e malaticcio nei sanatori dell’Europa Centrale all’apice di montagne rocciose e in riva a corsi d’acqua, ma il viaggio che Franz Kafka fece in Svizzera nell’estate 1911 – documentato nei diari dell’amico Max Brod che lo accompagnò – fu di puro piacere. Il soggiorno elvetico di Kafka non è da confondere con il viaggio di Brescia del 1909. Allora, in Lombardia lo scrittore boemo vide per la prima volta il volo di un aeroplano. A centodieci anni dall’escursione nella Svizzera Italiana dell’autore de “La Metamorfosi” ripercorrere il viaggio di Franz Kafka dell’agosto-settembre 1911 è ripercorrere un’epoca. È guardare indietro a come si viveva e viaggiava; alle impressioni che si ricavavano dal paesaggio di città radicalmente diverse da quelle di oggi. Ad inizio XX secolo, i territori cechi conobbero una crescita importante dal profilo commerciale.
Pian piano si specializzarono anche i servizi ferroviari, la produzione di carbone, acciaio e ferro, tessili, vetri, armi, macchine industriali e prodotti chimici. Le condizioni erano ben diverse nella Svizzera rurale. Come ricordato da Stefan Keller (WOZ, 17 aprile 2008) alle 5:25 del 27 agosto i due raggiunsero in treno la Hauptbahnhof di Zurigo, dove rimasero nove ore. Lasciati i bagagli in stazione, Kafka e Brod camminarono per la Bahnhofstrasse, fino a Bürkliplatz. Rimasero colpiti dai Grands Magasins Jelmoli nella Seidengasse – entrambi scrissero erroneamente “Jermoli” nelle loro memorie. Kafka apprezzò il cielo della regione; «così blu e liscio che ogni nuvola avrebbe dovuto scivolare via», annotò. Qui, per l’occasione, fece anche degli schizzi dal treno. Poi disegnò le Alpi, citate ironicamente nei diari assieme all’abbigliamento degli elvetici. Alla ricerca di un ristorante vegetariano – Kafka non amava la carne – i due trovarono una taverna analcolica presso il Grossmünster.
Il “Karl dem Grossen”, ricorda Keller, era vicino all’edificio religioso dove il sacrestano li scambiò per fedeli e li condusse ai banchi della navata. Nella tappa zurighese, Kafka e Brod si ritagliarono anche una piccola visita ai bagni sul lago. Quel 27 agosto era una domenica: i negozi erano chiusi. E in giro, molte ragazze – tutte poco attraenti, notarono i due. Uno dei legami di Kafka con la Svizzera era rintracciabile nel suo legame sentimentale con Gerti Bloch, una delle donne più importanti della sua vita, assieme a Felice Bauer e Milena Jesenská. Dalla Svizzera interna, da Zurigo a Lucerna, Kafka e Brod scesero in Ticino, la regione italofona del paese. Il loro programma prevedeva un passaggio a Lugano, poi a Milano, dunque Parigi via Stresa. Il 13 settembre 1911, Kafka tornò una seconda volta in Svizzera. Dalla capitale francese arrivò ad Erlenbach, nei pressi di Zurigo.
Qui soggiornò in una clinica naturopatica. L’arrivo a Lugano in treno fu felice. Gandria, in riva al Ceresio, era ieri come oggi incantevole. Visita anche di Paradiso, dove ai bagni del lido Nathan Kafka e Brod passarono bei momenti sotto il sole del tiepido autunno. Il Ticino è stato un luogo privilegiato per scrittori e letterati, specialmente a inizio Novecento. Gandria è nota per il legame con Antonio Fogazzaro; Montagnola lo è per Hermann Hesse; Ronco sopra Ascona per Eric Maria Remarque. Ancora oggi nel Gandriese si trova il pontile descritto sia dall’autore di Piccolo mondo antico che da quello de Il Castello. Percorrendo il lungolago, Kafka passò per la piazza dedicata a Guglielmo Tell. Il 4 settembre, si legge nei diari, con in mano il Corriere della Sera si recò a Porto Ceresio, nell’estremità meridionale del lago. Qui descrisse le terrazze al sole e i ciclisti in corsa.
Dieci anni fa, in occasione del centenario del soggiorno kafkiano in Ticino, la Città di Lugano elogiò lo scrittore con una targhetta di fronte al Lugano Arte e Cultura. Lugano è stato un luogo che stimolò il Kafka narratore. Fu meta di stacco dalle mansioni burocratiche di Praga. Sulle molte rive del lago Ceresio Kafka e Brod gettarono le basi del primo capitolo del romanzo Richard e Samuel. La Svizzera del Sud ammaliò i due boemi; difatti, Brod dedicò all’amico la lirica “Lugano See”: «Libellule avevamo sulle gambe, / tese le coppie d’ali iridescenti; / stesi nell’acqua a piè dei muri ardenti / forse eravamo a loro fiori o pietre. / Ma il nostro cuore, amico, esagitato / dall’acerbo ricordo del passato / cercava sfogo con parole tetre. / E sapevamo che, così abbronzati, / della soma medesima gravati / ci saremmo schiariti un’altra volta»(traduzione di Giuseppe Muscardini).
Prossimo al decesso, nel giugno 1924, Kafka chiese all’amico di distruggere i suoi lavori letterari e le corrispondenze, ma Brod si oppose, elevando il funzionario praghese allo status di straordinaria figura letteraria dell’Europa Centrale. Ma non tutti i manoscritti di Kafka si salvarono. Quelli custoditi Dora Diamant, l’ultima fidanzata dello scrittore, finirono nelle mani della Gestapo nel 1933 e scomparvero. In questo ambito, un altro legame tra Franz Kafka e la Svizzera è quanto emerge da vicende recenti. Diverse carte di Kafka rimasero custodite in un caveau dell’Ubs di Zurigo per sessant’anni. Nel 1939 Brod lasciò alcuni manoscritti in eredità alla segretaria, Ilse Esther Hoffe. Dopo diverse peripezie, questi vennero portati in Israele – un luogo, tra l’altro, che Kafka avrebbe voluto visitare. Nell’agosto 2019, la Biblioteca nazionale israeliana ha presentato alla stampa una raccolta di lettere e documenti originali di Kafka, ottenuti dalla Svizzera a seguito di una battaglia legale.
In un intervento alla radio Kan, il direttore della Biblioteca David Blumberg ha spiegato che i documenti di Kafka saranno digitalizzati e oggi a disposizione del pubblico. La nuova raccolta include centinaia di lettere, manoscritti, giornali di viaggio, appunti. Fra le opere di Kafka vi sono tre diverse versioni della storia “Preparativi di nozze in campagna”. Poi un quaderno in cui lo scrittore si esercitava nella scrittura dell’ebraico ed una collezione di schizzi. Il legame tra Kafka e la Svizzera è ulteriormente testimoniato dal “giallo” elvetico sulle opere kafkiane. «Dove sono finiti i manoscritti di Kafka?», si sono chiesti per anni gli esperti. Parte della risposta è emersa dall’ultima pubblicazione degli inediti. Alcune opere sono andate veramente distrutte – certamente non da Brod, a cui Franz Kafka deve la sua fama nel mondo –, mentre altri sono perduti o nelle soffitte degli eredi di qualche ufficiale della polizia segreta nazista.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su Progetto Repubblica Ceca)