Con la caduta del Muro di Berlino del 9 novembre 1989 anche il Partito Comunista Italiano – il più grande partito comunista d’Europa – sentì la necessità di staccarsi dall’esperienza socialista-sovietica. Il Comunismo italiano era sempre stato diverso da quello russo, ma con il 1989 alcune ipocrisie vennero sorpassate, altre diversità messe in luce. Nel complesso, la chiusura di quello che Eric Hobsbawm aveva definito “secolo breve”, era la fine del Gramscian-Comunismo o del Comunismo italiano. Anche il muro italiano era crollato. Gianfranco Pasquino (Le parole della politica) spiega che inevitabilmente il Muro «cadde addosso anche ai partiti comunisti occidentali […]. Quasi tutti i partiti comunisti occidentali cercarono, troppo tardi e spesso in maniera poco convincente, di distanziarsi dall’Unione Sovietica». Tutti i partiti comunisti erano costretti a cambiare pelle: in senso formale e di contenuto.
La maggioranza dei dirigenti del PCI avrebbe deciso – non senza polemiche e drammi di ogni genere – di aprire al cambiamento di nome prima e di assetto poi. Una rivoluzione per il “monolite eterogeneo” (che, pur sempre molto diversificato, non ammetteva correnti al suo interno). La cosiddetta conventio ad escludendum aveva fatto sì che il PCI non raggiungesse mai una maggioranza parlamentare che aprisse la strada verso Palazzo Chigi. Ad eccezione delle elezioni amministrative del 1975 e politiche del 1976, mai il partito di Botteghe Oscure si avvicinò alla maggioranza. In visita in un quartiere di Bologna – la Bolognina – l’ultimo segretario del partito fondato da Antonio Gramsci, Achille Occhetto annunciò la possibilità eventuale e futura di introdurre una nuova definizione per l’ex PCI.
«Può accadere di tutto», ha spiegato ai due cronisti che si erano recati alla manifestazione partigiana a cui l’ideatore della “gioiosa macchina da guerra” aveva preso parte. Di lì a poco, dopo congressi, veleni, riflessioni e scissioni nacque il Partito Democratico della Sinistra. Falce e martello erano alla base del simbolo: alle radici di una rigogliosa quercia verde. Era il 12 novembre 1989. Trent’anni fa. La Bolognina segna la travagliata fine del Partito Comunista Italiano, cosa impensabile fino a quale anno prima ed impensabile per alcuni anche anni dopo. Il mondo disegnato a Yalta si stava frantumando. E l’Italia, che da allora in poi contò sempre meno nello scacchiere politico mondiale, non faceva eccezione in questo senso.
Amedeo Gasparini