La democrazia del post-1989

Il crollo del Muro di Berlino ha cambiato la Storia e l’Europa post-1989 non è stata più la stessa di prima. La fine del Socialismo reale chiudeva una porta del passato – oltre la quale c’era una rivalità ideologica tra Stati Uniti e Unione Sovietica – e apriva quella del futuro, all’insegna della democrazia e del benessere. L’emancipazione di milioni di individui che si liberarono da chi li aveva umiliati per quasi mezzo secolo oltre cortina segnava l’inizio di una nuova epoca. Di un nuovo concetto di democrazia. L’orologio della Storia, mai immobile, portava le sue lancette verso per un nuovo ciclo per il Vecchio Continente. Secondo Sabino Cassese (Corriere della Sera, 29 settembre 2019) oggi «le democrazie godono di buona salute». Tuttavia, «esse sono continuamente percorse dalla tensione tra concentrazione e diffusione del potere, hanno bisogno di ribilanciarsi periodicamente».

Agenti interni ed esterni continuano a minacciare le democrazie europee post-1989: sia quelle più datate che quelle “fresche” post-Muro. Ventate di autoritarismo e sciovinismo da una parte, indebolimento sponsorizzato da stati esteri dall’altro. Più che di “debolezza” della democrazia, occorrerebbe parlare di “vulnerabilità” della medesima. “Debolezza” è riferito a qualcosa che funziona poco e male. “Vulnerabilità” vuol dire invece che l’oggetto in questione lavora correttamente, ma è possibile preda di infezioni. E nell’incertezza che deriva dalla vulnerabilità della democrazia è fisiologico che emergano fantasmi dal passato e ripensamenti in merito all’efficacia della democrazia stessa. Malinconie e sensi di nostalgia dei “bei tempi che furono” (appunto, “che furono”, cioè non più riproponibili nelle stesse dinamiche nei contesti odierni) affliggono il rapporto tra democrazia e politica.

Questa, percepita sempre più lontana dai cittadini, appare molto più sotto attacco di quanto non lo sia per certi versi la democrazia stessa. Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 22 settembre 2019) ha spiegato che «la stabilità di una democrazia dipende da tre cose. Il radicamento sociale dei partiti […]. Così come […] le tendenze in atto […] alla radicalizzazione degli elettorati o alla de-radicalizzazione. Così come […] l’assetto istituzionale complessivo». Le istituzioni preservano la democrazia. Non è smantellandole demagogicamente dall’interno o cercare di manometterle dall’esterno che si risolvono i problemi degli assetti democratici. Dal post-1989 il concetto stesso di democrazia è uscito molto più rafforzato. La speranza è che le turbolenze che affliggono l’ordine democratico oggi siano di passaggio, ma in linea con il percorso di benessere e libertà iniziato trent’anni fa a Berlino.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’universo)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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