Le “d” che fanno male all’economia

Disoccupazione, deficit e debito: sono queste le tre “d” nocive all’economia e il sistema-paese. Concetti apparentemente astratti, ma che hanno impatti cruciali sulla vita dei cittadini. In alcuni paesi europei, dopo anni di crisi economico-finanziaria, le cose sembrano rimanere nella medesima e stagnante situazione da anni. La disoccupazione sembra farsi col tempo sempre più strutturale, il target del deficit viene sistematicamente violato, il debito pubblico aumenta allegramente, senza opportuni freni. I vari redditi di cittadinanza di oggi sono i debiti di domani. Da una parte si propongono di combattere disoccupazione e povertà, che dovrebbero essere trattati in maniera diversa tra loro, non con un’unica misura. Dall’altra sono finanziati in deficit e fanno aumentare il debito pubblico. E i Paesi già molto indebitati non sono più liberi: non sono “sovrani”.

Chi usa oggi la grande arma del debito finge di non accorgersi che sta accendendo l’ennesima ipoteca nei confronti delle nuove generazioni. Sulle quali grava già oggi un mostruoso macigno a cui si aggiungono interessi da pagare. Chiunque, al vertice degli esecutivi nazionali, voglia aprire i cordoni della borsa per fare spesa improduttiva e si corta veduta deve chiedersi due cose. Prima: qualora proprio non se ne riesca fare a meno, se questo è allocato verso investimenti fruttuosi. Seconda: se il debito è sostenibile oggi e lo sarà domani. E per esserlo, il rendimento dell’investimento deve essere superiore al costo del capitale. In caso negativo, raggiunto il “limite”, bruciata la credibilità nei confronti dei mercati-finanziatori, si obbligheranno per decreto i cittadini a compralo tramite sottoscrizione forzosa? O forse scenderanno in campo altri amici di Visegrád o i russi?

Questione disoccupazione. Non è vero che licenziando dipendenti più anziani se ne s’incamereranno automaticamente di nuovi e giovani negli stessi termini numerici. A parte il fatto che un lavoratore più anziano ha skills affinate col tempo e che un giovane non può possedere visti i suoi stessi limiti anagrafici, mandare la gente in pensione a sessant’anni quando in media le persone ne vivono venti-venticinque in più, porta prima allo sfilacciamento del sistema pensionistico. Poi al tradimento del patto fra generazioni. Ed infine alla bancarotta dello Stato. Si può “andare contro” l’Unione Europea – le sue contraddizioni o l’eccessiva burocratizzazione – ma non contro l’andamento demografico.

Esporre infine il proprio paese a rischi inutili con frasi del tipo: «Usciamo dall’Euro» è da masochisti. Si dimentica che anche le parole seminano grave sfiducia nei mercati e quindi i potenziali investitori (privati), si ritraggono. O, se accettano di finanziare il debito richiedono un maggior premio al rischio sulle sottoscrizioni dei titoli di Stato. Stato che non può fare a meno di finanziarsi e ha perenne necessità di racimolare prestiti. Ne consegue quindi l’altissimo tasso di interesse sul debito, la cui cifra è maggiore dei soldi investiti in un anno dallo Stato italiano per la scuola. Nello specifico, si vuole difendere i “risparmi degli italiani”: ma quanto gli italiani sborseranno per le continue fiammate di spread?

Le tre “d” sono tra i problemi maggiori del Belpaese, così come lo è la bassa crescita, la lentezza della giustizia, l’eccessiva burocratizzazione, la conseguente corruzione, l’evasione fiscale, la mancanza di investimenti. Combattere la povertà è necessario. Che però questo debba avvenire con l’aumento della spesa pubblica, lo sforamento del deficit e la conseguente finta lotta alla disoccupazione, è un altro discorso. L’indebitamento scellerato non è la chiave della crescita. Sprecare risorse pubbliche, aumentando il deficit, non può essere motore dello sviluppo, specialmente se poi questa “benzina” è sprecata in misure inefficaci. Per essere combattute con efficacia, le tre “d” – disoccupazione, deficit e debito – richiedono grande maturità non solo degli Stati, ma di tutti i cittadini. Si possono curare se prima vengono domate e curate altre tre “d”: decrescita, disorganizzazione e demagogia.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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