In La Cina nuova (Editori Laterza 2021) Simone Pieranni analizza la Cina di oggi attraverso parole chiave – che danno il nome ai capitoli – descrivendo diversi aspetti del Dragone. Dalla memoria al futuro, dal socialismo al mercato, dalla meritocrazia alla corruzione, dalla metropoli alla campagna, dal pubblico al privato, dall’airpocalypse all’ecologia, dal lavoro all’automazione. Sulla scorta del Confucianesimo, ordine e caos sono le grandi macro-variabili della civiltà e della cultura cinese anche nella Cina di oggi, la Cina nuova. Qui convivono diversi elementi che gli occidentali vedono come contraddizioni insanabili, ma che in realtà sono solo lo spettro della complessità del Dragone, percepito in Occidente come un qualcosa di lontano e misterioso. I cinesi danno molta importanza alla memoria. La cultura politica nei secoli passati in Cina era basata sul fatto che ogni dinastia demoliva quanto costruito da quella passata.
Il Partito Comunista cinese marca una linea di continuità con la tradizione cinese in questo senso. Xi Jinping ha rafforzato il controllo sulla storia cinese e ne ha fatto una priorità. Ha addirittura promosso attività legislative per promuovere il patriottismo. Per “future” in Cina si intende anche il futuro della genetica, uno specchio inquietante e al contempo affascinante di un concetto, quello della tecnologia, che ha sempre interessato la Repubblica popolare. Mao Zedong diceva che occorreva un salto tecnologico della Cina affinché si potessero migliorare le condizioni economiche e l’impianto militare del paese. La stessa cosa la fece Deng Xiaoping con le cosiddette quattro modernizzazioni che hanno portato progresso e grande sviluppo nella Cina. Il socialismo cinese oggi ha “caratteristiche cinesi” proprio per le sue riforme. L’incremento delle diseguaglianze ha però portato una nostalgia per l’uguaglianza nella povertà, che era il mantra di Mao.
La vulgata cinese, scrive Pieranni, vuole che Mao abbia fatto rinascere la Cina, Deng l’abbia resa ricca e Xi potente. «La crisi del pensiero liberale e delle democrazie occidentali ha finito per portare molti cinesi a riconsiderare […] la […] storia cinese e mondiale. Molti giovani cinesi oggi rifiutano il consenso neoliberista secondo cui non ci sono alternative alle strategie di sviluppo occidentali, preferendo esplorazioni […] all’interno delle proprie origini storiche». E-commerce e AI fanno parte del mondo moderno della Cina nuova e ha un impatto sulle giovani generazioni. Alcuni di estrema sinistra vogliono un ritorno al Marxismo e Maoismo tanto da mettere in difficoltà Xi. Vista la nuova moda socialista nella Cina nuova, ricorda l’autore, il PCC ha lanciato una clamorosa campagna di recupero del pensiero marxista – definito da Xi nel 2018 come il più grande pensatore della Storia dell’umanità.
Il ritorno al Marxismo di Xi si vede anche nel tentativo di mettere la museruola ai capitalisti come Jack Ma. Il Neo-maoismo si oppone all’attuale linea di apertura economica cinese e sottolinea il tradimento nei confronti di operai e contadini, ricorda Pieranni. La questione della tassazione del Big Tech cinese è sul tavolo, così come il tema della meritocrazia, soprattutto per i giovani. Il gaokao è l’esame di Stato che seleziona la futura classe dirigente del paese. Accedere ad università prestigiose dipende dagli esiti di questo esame e significa fare carriera. Per il resto della popolazione, ricorda Pieranni, c’è solo la giungla sociale, un ambiente caotico dove la tranquillità economica è la massima aspirazione. La Cina nuova si definisce meritocratica, ma col passare del tempo anche la meritocrazia è diventata un’ideologia. Il PCC promette mobilità sociale grazie alla meritocrazia, salvo poi puntare il dito contro i self-made men come Ma.
Pieranni ricorda anche come Xi abbia lanciato una campagna anticorruzione tra le cui conseguenze c’è stata l’acquietamento non soltanto del fenomeno, ma anche la sparizione di diversi quadri intermedi del partito che davano fastidio al leader cinese. La corruzione è da sempre un male endemico nel paese e tocca molti cittadini nella loro vita quotidiana. Con le sue campagne anticorruzione Xi ha attratto consenso ed eliminato ogni opposizione interna. La Cina nuova prevede anche un grande distacco nei confronti del passato architettonico. Le grandi città cinesi ricalcano i grattacieli stile “Blade Runner”. La Cina si sta costruendo il suo futuro e negli ultimi vent’anni ha urbanizzato venti nuove città all’anno. La Cina nuova è fatta di smart city, città nuovissime scandite dall’uso della tecnologia. La tecnica di riconoscimento facciale, onnipresente attraverso le telecamere presenti ovunque in Cina, conferisce al PCC un controllo totalitario sulla società.
Tutti i tracciamenti delle persone sono analizzati nelle città ipertecnologiche. La sorveglianza è ventiquattr’ore su ventiquattro. La Cina nuova si lascia dietro le campagne, ma sempre di più persone vogliono ritornare a quella vita agricola, tranquilla, lontana dallo stress della città. Nel 1949, ricorda Pieranni, quasi il novanta per cento della popolazione viveva in campagna; nel 2018 la percentuale si è dimezzata. Il PCC ha promesso di rivitalizzare le campagne, ma poi ha proceduto con espropri urbani. Il pugno di ferro continua a farsi sentire anche nella Cina nuova, che rende quasi impossibile la costruzione di una privacy individuale. Scrive Pieranni: «Nell’antichità i cinesi prestavano più attenzione allo Stato e alla famiglia che ai diritti individuali, compresa la privacy intesa come protezione di quanto avviene nel proprio “privato”. Stato e famiglia sono strettamente collegati e la responsabilità di ogni persona era servire entrambi fintanto che se ne era un membro».
Milioni di persone vengono riprese ogni giorno e sono in molti che oggi sono preoccupati dell’installazione di apparecchiature per il riconoscimento facciale nelle aree pubbliche. Gli analisti fanno passare tutto questo come nuovo tipo di capitalismo cinese non in contraddizione con il socialismo. Infine, la Cina è il maggiore emettitore di CO2 nell’aria. Il PCC dice che entro il 2060 ci saranno emissioni zero, ma Pechino, ricorda Pieranni, consuma la metà del carbone mondiale. Per costruire smart city occorrono risorse, la cui estrazione prevede ancora più inquinamento. La tematica del lavoro e dell’automazione sono importanti per la Cina nuova. Il progressivo utilizzo di sistemi di AI sostituiscono i lavoratori. Un’immagine che corrobora gli stereotipi di una Cina che fa paura al resto del mondo. Tuttavia, Pieranni spiega che i cinesi non sono affatto rigidi e sono disposti a cambiare idea molto più di quanto si pensi in Occidente.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su La Voce di New York)