Gli elementi scatenanti della Rivolta Boema del 1618 che diede il via alla Guerra dei Trent’anni furono i malcontenti di protestanti, hussiti e in parte luterani boemi nei confronti degli Asburgo cattolici nelle terre ceche. Dopo la terza defenestrazione di Praga i protestati si scontrarono con i cattolici, che occuparono in seguito non solo la Boemia. Dunque, il Margraviato di Moravia e i ducati di Lusazia e Slesia. La sconfitta finale per i protestanti arrivò l’8 novembre 1620, uno dei giorni più infami nella storia dei boemi. I quali subirono una cocente sconfitta nella battaglia della Montagna Bianca – Bílá hora, ad Ovest di Praga. Gli eventi che portarono alla vittoria degli Asburgo – che assemblarono una coalizione di cattolici da Italia, Spagna e Polonia – si inserivano in un discorso religioso e di potere politico.
L’esercito dell’attuale Repubblica Ceca, d’altra parte, era composto da simpatizzanti protestanti germanici. Molti contadini della Boemia erano animati dall’intenzione di scalzare gli Asburgo. Tuttavia, non era stato dato loro un granché in termini di equipaggiamento e armi. La strategia più pragmatica fu quella di assumere mercenari per combattere i cattolici. La disfatta della Montagna Bianca fu dura per i protestati sopraffatti dall’orda austriaca. Dopo un’ora e mezza di dura battaglia, migliaia di morti. I nobili boemi pagarono il prezzo della loro miopia per non aver armato in maniera opportuna i contadini che si immolarono per difendere la loro terra. I signorotti locali vennero quindi mandati in esilio dagli Asburgo, che sostituirono una classe nobiliare con un’altra: quella fedele alla corona di Vienna. La Boemia fiorì dunque di principi cattolici, che imposero tra l’altro il loro gusto architettonico nella regione; a Praga trionfò il barocco.
Si stima che cinque sesti della nobiltà boema andarono in esilio dopo la battaglia e le loro proprietà furono confiscate. Tuttavia, alcuni signori protestanti locali si ribellarono agli oppressori asburgici, che optarono per l’esecuzione dei leader della rivolta. Quarantasette capi dell’insurrezione furono processati e ventisette di loro giustiziati. Era il 21 giugno 1621, quattro secoli fa, quando nella Piazza della Città Vecchia di Praga, tre nobili, sette cavalieri e diciassette borghesi ribelli vennero decapitati in un’esecuzione pubblica. Un ugual numero di croci è oggi inciso sui ciottoli di fronte sotto al vecchio municipio di Staroměstské náměstí. Negli anni, i nobili della regione avevano resistito al pugno di ferro e alle pressioni degli Asburgo, ma in quell’occasione Re Ferdinando II d’Austria non mostrò pietà per gli insorti.
L’esecuzione in Piazza della Città Vecchia era a titolo dimostrativo. Il più illustre dei condannati fu il rettore della Università Carlo, Jan Jessenius, il quale, una ventina di anni prima, aveva tenuto il discorso funerario all’amico e astrologo danese Tycho Brahe, sepolto proprio nella Chiesa di Santa Maria di Týn, di fronte al patibolo dei ventisette. Dopo il taglio della lingua, il corpo di Jessenius venne martoriato ed esposto al pubblico ludibrio: una punizione cruda quanto esemplare, dal momento che il rettore era particolarmente scomodo al regime austriaco. L’impero di Vienna impose la ri-cattolicizzazione della regione. La lingua tedesca venne equiparata a quella ceca. L’integrazione della Boemia nell’Impero Asburgico – nonché la sua germanizzazione culturale – procedette spedita.
La battaglia della Montagna Bianca rimane impressa nella mente dei boemi fino ai giorni nostri. Nel 1993 lo scultore Karel Nepraš ha ricordato i ventisette decapitati con una scultura nei pressi di Palazzo Liechtenstein, a Malá Strana. Le statue rappresentano dei dissuasori per automobili artisticamente rivisitati con teste in metallo azzurro dei leader sconfitti. La restaurazione cattolica in Boemia portò ad un lungo periodo di dominanza in terre ceche della lingua, cultura e della politica austriaca. Cosa di cui i boemi beneficiarono in termini di ricchezza e flussi commerciali – Praga divenne un centro economico di tutto rispetto – ma che non poteva cancellare né la sconfitta di Bílá hora, né l’esecuzione dei ribelli. I cattolici festeggiavano l’eliminazione degli avversari, ma alla fine della Guerra dei Trent’anni, nel 1648, fu chiaro a tutti che un conflitto lungo tre decadi aveva portato solo distruzione e morte.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’universo)