«Ogni totalitarismo è figlio della guerra», perché «la guerra è l’ossigeno che permette al potere totalitario di respirare, di penetrare nella sua strategia di conquista e di tradurre il tutto in energia offensiva». Il totalitarismo è un nemico sempre in agguato, avverte Dario Fertilio, ne Il virus totalitario (Rubbettino 2017). Una piccola guida, un manuale per riconoscere sin dallo stato ancestrale le prime metastasi del dispotismo assolutistico. Un nemico che non dorme mai e cresce accanto ai cittadini. E cresce velocemente, se non si è in grado di recidere per tempo le sue radici velenose nella società liberal-democratica. Esistono però gli anticorpi: questi, da sviluppare per ottenere una scorza umana solida e dura. Rresistente ai totalitarismi e alle pulsioni illiberali. Dario Fertilio è preciso nella sua ricostruzione del discorso attorno al totalitarismo. Ne rivela le contraddizioni e gli aspetti ambigui; nonché i lasciti storici.
L’esempio è quello del Fascismo. «Da un lato antiborghese, socialisteggiante, anticapitalistico e dall’altro compromissorio nei confronti della monarchia, della Chiesa cattolica e della proprietà privata». Il totalitarismo mischia una serie di elementi e tende a conquistare tutto l’apparato sociale. O meglio: tutti coloro che si fanno conquistare. Nelle loro opere di studiosi, politologi come Carl Friedrich e Zbigniew Brezinski hanno spiegato quali fossero le caratteristiche essenziali di un totalitarismo e Fertilio le commenta una ad una. Al primo posto, il monopolio incontrastato dello Stato sull’economia. Catturata la linfa vitale che è il vettore di beni e servizi di cui i cittadini fanno uso, si ha per definizione il controllo assoluto su di essi e sui loro bisogni. Una sudditanza in balia del grande Stato che detta i ritmi, crea e soddisfa le necessità di tutti.
Secondariamente, è importante che nel suolo dove sorge il germe totalitario venga piantata con violenza un’ideologia ufficiale, che riempa le menti di milioni di individui. L’ideologia dà una missione a chi non l’ha. Favorisce il non pensiero e il non-pensare. Legittima ogni barbarie: è, in fondo, una vera e propria religione. Altro elemento che definisce il totalitarismo è quindi il controllo del potere da parte del partito (l’unico) rigido e verticale. Che guarda al leader come divinità assoluta. Il dominio del Partito-Stato sui mezzi di comunicazione e degli strumenti di coercizione è altresì importante. Il sistema totalitario deve assicurare la totale eguaglianza nella società: essa dà forza al suddito e perfeziona la sua nuova identità. Il sistema sociale totalitario è «garante del benessere generale benché nemico di ogni – sempre sospetta – forma di originalità, indipendenza intellettuale, vocazione a crearsi da sé la propria fortuna».
Infine, il metodo: l’uso del terrore in tutto e per tutto all’interno della vita sociale degli individui. «Proprio perché, fingendo di assecondarle, il totalitarismo in realtà violenta le leggi naturali, il consumo di energie che esige è talmente elevato da rendere impossibile una sua lunga, indefinita durata: così, dopo qualche decennio al massimo, emergono infallibilmente i primi segni del declino». L’ultimo ingrediente per il totalitarismo perfetto è l’applicazione di un controllo illimitato della polizia sui cittadini. Un corpo dello Stato formato da cittadini, a cui vengono affiancati i “reparti speciali” addetti alla spietata caccia all’uomo. «Gli armeni. Gli zingari. I tedeschi del Volga. Gli italiani di Dalmazia. I tartari in Crimea. I musulmani in Bosnia. E poi gli ebrei […]. Ultimi da citare e primi da ricordare, per l’unicità dell’Olocausto attuato con un metodo, razziale e industriale insieme, che non ha eguali».
Continua Dario Fertilio: «Dal Ruanda alla Cambogia alla Jugoslavia, dall’Indonesia alle Isole Salomone al Messico, il secondo ventesimo ha lasciato dietro di sé una interminabile scia di sangue. È il secolo delle tenebre». E ancora: «Holodomor, Shoah, pulizie etniche, sterminio degli infedeli non sono accidenti tragici della Storia, ma pratiche del tutto funzionali ai processi totalitari». Al regime totalitario serve per forza il braccio armato dell’ethnic cleansing: le vittime che cascano nella sua morsa, sono i gladiatori disarmati nell’arena di Roma. Con la folla che urla e schiamazza. Una corrida della morte. «Un genocidio può avvenire anche senza uno specifico virus totalitario l’abbia innescato». E in troppe occasioni la Storia dell’umanità ha dato prova di come le cause che portano alla distruzione di un popolo e di un’etnia siano molteplici. E specialmente assurde. Anche senza il senno di poi.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su neXtQuotidiano)