Le recenti elezioni politiche in India hanno sottolineato come, nonostante le soffiate di autoritarismo in Asia, la democrazia abbia ancora un peso oggi. Un peso talmente importante da scomodare per trentanove giorni novecento milioni di elettori affinché si esprimessero nell’urna elettorale. L’India, la più grande democrazia del mondo in termini di popolazione, gode di pochissima attenzione da buona parte dei media occidentali. Il gigante silenzioso lavora e produce operosamente: un paese in via di sviluppo con davanti un futuro brillante in termini demografici ed economici. Secondo i dati recentemente pubblicati dall’ISPI, oggi l’India ospita circa un quinto delle persone che abitano il pianeta (1.33 miliardi). Ogni mese, circa un milione di persone entra nel mercato del lavoro. L’India è inoltre il quarto paese al mondo per numero di miliardari, il terzo per emissioni di anidride carbonica, il primo per emigrati e produzione di film.
Se nel 1989 il PIL britannico era di 1001 miliardi e quello indiano 299, trent’anni dopo 2’830 miliardi il Regno Unito, 2’970 l’India. In termini di export (dati WTO) nel 2017 l’India esportava beni pari a 298 miliardi di dollari, subito dopo Svizzera (299), Regno Unito (445), Italia (506), Giappone (698), Germania (1’448), Stati Uniti (1’546) e Cina (2’263). Non a caso, l’immensa penisola è il paese che è cresciuto di più nel 2018 (7.3 per cento). Quanto all’import, per l’India questo era pari a 447 miliardi di dollari, all’undicesimo posto dopo Italia (452), Corea del Sud (478), Paesi Bassi (574), Hong Kong (589), Francia (624), Regno Unito (644), Giappone (671), Germania (1’167), Cina (1’842) e Stati Uniti (2’409). Secondo Eurostat, nel 2018 l’India aveva un deficit commerciale a suo favore con l’UE pari a 0.1 miliardi di Euro.
L’India è un paese in cui vige il salario minimo. Se in Australia esso corrisponde a poco meno di quattordici dollari all’ora – in Germania 9.9, negli Stati Uniti 7.2 e in Cina 0.8 – in India è pari a 0.3. Secondo dati OCSE del 2015, il 13.6 per cento dei lavoratori lavorava più di sessanta ore alla settimana. E per quanto riguarda le spese militari in percentuale rispetto al PIL nel 2018 l’India era all’ottavo posto (2.4 per cento), dopo Arabia Saudita (8.8), Israele, Pakistan, Russia, Stati Uniti, Colombia e Turchia; il che corrisponde a 67.6 miliardi secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). Per quello che poi concerne la salute dei suoi abitanti, l’India è un paese in cui solo il tre per cento della popolazione è obesa (Banca Mondiale). Gli indiani, in media, spendono ottantaquattro minuti al giorno a mangiare e bere (OCSE).
Per quanto che riguarda i medici ogni centomila persone, secondo l’OMS, per l’India la situazione è drammatica. 4.2 in Germania, 3.6 in Cina, 2.5 negli Stati Uniti, 2.2 in Messico e Brasile, ma solo 0.75 per il gigante silenzioso. Un ultimo indice che rivela molto dello “stato delle cose” del paese è quello sui media. Secondo il World Press Freedom Index, l’India non ha fatto che peggiorare il suo status in termini di libertà di stampa. Nel 2017 al 136esimo, nel 2018 al 138esimo, quest’anno al 140esimo. Nel rapporto di quest’anno, RWB ha segnalato come i più a rischio siano testate che non lavorano per media in lingua inglese. L’India è poi il terzo paese in termini di milioni di users di Instagram, ma un sistema come quello di identificazione biometrica Aadhaar, lanciato dal governo nel 2010, non è certo uno strumento che giova alla democraticità di un paese.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’Osservatore)