Giovani e futuro, ma anche demografia, cambiamento climatico, tecnologia e università. Sono queste le tematiche affrontate dall’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta nel suo libro Ho imparato. In viaggio con i giovani sognando un’Italia mondiale (il Mulino) presentato ieri sera presso la biblioteca comunale di Como. “Imparare”: un verbo, un’autocritica, un proposito; un sogno per l’avvenire e la ricerca di una politica che tenga per mano le generazioni. Una nuova politica rigenerativa, che sappia smascherare il cialtronismo imperante. Da qui nasce il sogno di Letta: un’Europa diversa per un futuro diverso. Sopratutto per i giovani. «Uscendo dall’Europa si trovano i diritti? O solidarietà? O pace? Ad ogni modo, l’Europa deve cambiare». D’altra parte, «“imparare” è una parola poco di moda: siamo in un’epoca in cui il metodo scientifico è contrastato».
Il libro di Letta nasce dalla voglia di «comunicare la mia esperienza a contatto con i giovani». L’errore che troppi alti papaveri della classe dirigente hanno fatto negli anni è stato «il non curarsi del terreno dei social. Imparo molto dai giovani. Uso Twitter, un social poco gettonato», ma Letta ha adottato anche Instagram. Ovvero, «l’evoluzione naturale per una generazione che lavora sulle immagini e la parola orale». L’autore ha sentito quasi un’esigenza nello scrivere Ho imparato. «Non posso assistere a quello che sta succedendo in Italia senza fare nulla». Il libro, dunque, è nato anche per «combattere una battaglia culturale. Cioè far capire al lettore chi dice balle e cerca di raccontare il tempo che stiamo vivendo in maniera non corrispondente al vero». Secondo Enrico Letta, bisogna illustrare pacatamente «le motivazioni per le quali il sovranismo è sbagliato».
Un esempio sui tutti? La grande alternativa all’Europa: la Gran Bretagna, impegnata nella tormentata uscita dall’UE. Una nazione che «si sta letteralmente suicidando» a detta dell’ex premier, che si avventura in una profezia nei confronti dell’isola d’oltre Manica e della sua economia che, «tra dieci anni diventerà il cinquantunesimo stato degli Stati Uniti. Non si può stare da soli nel mondo globalizzato che si sta costruendo». Il paradosso di un paese che esce dall’Unione è che esso «continuerà a sottostare alle regole europee, senza poter essere al tavolo delle trattative per poterle cambiare». E poi, «cosa vuol diventare la Gran Bretagna?», si chiede Letta. Come la Svizzera fuori dall’UE, ma dentro l’EFTA e Schengen? Come la Norvegia fuori dall’UE, ma dentro l’EFTA, Schengen e l’Area Economica Europea? Oppure come la Turchia, solo nell’unione doganale?
Letta insiste molto sulla «necessità di una battaglia culturale, perché la società italiana è cambiata molto negli ultimi anni». L’Italia, infatti, «non ha più un naturale accostamento alle tendenze tedesche, francesi, spagnole o in generale europee, ma sulla gran parte delle questioni l’idea italiana è più allineata a quella dei polacchi e degli ungheresi, i più antieuropei, sovranisti, nazionalisti». Determinate e odierne risposte politiche dette populiste sono in fondo anche il risultato di anni di fallimenti più o meno evidenti dei passati governi. Dal canto suo, Enrico Letta è ottimista. «Bisogna fare un’evoluzione e partire da un’idea. Far cioè capire alle persone stanche della politica tradizionale delle alternative. Non ha senso mettersi sulle rive del fiume e aspettare i cadaveri elettorali, perché nulla tornerà come prima».
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’Osservatore)