Ricordare i crimini del Comunismo primitivo cambogiano

Il 20 maggio è il giorno nazionale del ricordo in Cambogia: si ricordano i crimini del Comunismo primitivo che governò il paese tra il 1975 il 1979. La dittatura dei Khmer Rossi perpetrò un auto-genocidio che fece sparire da un quarto ad un quinto della popolazione. I comunisti entrarono a Phnom Penh nell’aprile 1975. Subito diedero vita ad una trasformazione radicale del paese all’insegna di un Comunismo primitivo, ortodosso, basato sulla violenza fine a se stessa. La Cambogia divenne così una repubblica socialista agraria, che deteriorò Stato ed istituzioni. Ma anche la tradizione popolare e la società civile, sottomettendo i cittadini al credo comunista e alla collettivizzazione forzata nelle campagne. Il Comunismo primitivo cambogiano guidato da Pol Pot fu tra più volenti, folli e drammatici tra i comunismi del secolo scorso. Il lavoro forzato nei campi di concentramento era la sorte alternativa all’eliminazione fisica.

Il fanatismo collettivista mirava alla pulizia della società. Chi portava gli occhiali, strumento occidentale in un paese che voleva marcare compiutamente la propria indipendenza, qualificava già come giustificazione per far sparire le persone. Nei cosiddetti “killing fields” si moriva di sfinimento, fame e malattie – le massime cifre dello sviluppo del nuovo Stato basato sul terrore dottrinale del primitivismo collettivista. Tramare contro il regime – un’accusa molto generica e di comodo – valeva la persecuzione, dunque l’uccisione sommaria. Risparmiare i proiettili era imperativo. Dunque, l’omicidio avveniva anche con attrezzi rurali. Crimini raccapriccianti toccarono anche i neonati, talvolta schiantati contro gli alberi. La giustificazione? Costoro dovevano essere eliminati perché in futuro avrebbero potuto rivendicare la morte dei genitori.

L’invasione vietnamita della Cambogia nel 1979 pose fine all’incubo del Comunismo primitivo. Ma l’eredità del totalitarismo integralista e fanatico basato sullo sterminio e sul genocidio era in linea con l’ortodossia marxista-leninista portata alle sue estreme conseguenze nel tentativo di applicare la volontà del partito, dello Stato, dell’ideologia. La chimera dell’uomo nuovo, dello Stato dirigista, dell’eliminazione degli oppositori e dell’eugenetica sono tra gli elementi di continuità tra il regime cambogiano e quello nazionalsocialista tedesco. Questo a testimonianza del fatto che il collettivismo è il nocciolo comune dei totalitarismi. Da aggiungere, nel caso cambogiano, anche la distruzione del privilegio capitalista borghese, la proprietà privata, della famiglia, della religione. Oggi la Cambogia è governata dal despota Hun Sen, che ha un passato di ex Khmer, che si era rifugiato in Vietnam per sfuggire all’epurazione di Pol Pot. È ancora difficile fare i conti con il torbido passato nel paese.

Lo sterminio di un quarto della popolazione e l’eliminazione delle classi istruite in tre anni e mezzo di dittatura hanno lasciato una società traumatizzata in Cambogia dove il clima repressivo, sebbene con altri mezzi, continua a essere portato avanti. L’auto-genocidio cambogiano non deve essere dimenticato, specialmente dall’Occidente – che potrebbe essere tentato di vederlo come una storia che non gli appartiene. Nel 2009 l’UNESCO ha inserito il Museo del genocidio di Toul Seng a Phnom Penh nel suo elenco. Si trattava di un liceo trasformato dai Khmer Rossi in un centro di detenzione e di tortura, scoperto proprio nel gennaio del 1979 durante l’invasione vietnamita. Il famoso memoriale Choeung Ek ospita invece oltre cinquemila teschi umani. Le vittime del genocidio del Comunismo primitivo sono oltre un milione e mezzo.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su AlterThink)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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