Il Fascismo non finisce, parola di Mimmo Franzinelli

Un titolo, ma anche una domanda: Il fascismo è finito il 25 aprile 1945 (Laterza 2022) è il filo conduttore del libro di Mimmo Franzinelli, che esamina l’eredità del Fascismo nello Stato italiano oggi. Dai tribunali speciali, alle sentenze politiche, all’OVRA, al neofascismo degli anni Settanta del neofascismo, fino al presente, al simbolismo e al culto del Duce, all’“estrema destra 2.0” e al “Fascismo del terzo millennio”. «La Guerra Fredda agevolò il reinserimento dei fascisti ai più diversi livelli, determinando un clima in cui la partecipazione alla Resistenza veniva spesso considerata un fattore negativo», sostiene l’autore. È questo l’asse su cui si muove il libro: il Fascismo del Ventennio non tornerà nelle forme in cui apparve tra le guerre mondiali. Tuttavia, non è saggio ignorare i sintomi che portarono alla dittatura in Italia nel 1922. Il divario tra Stato e cittadini, la burocrazia e l’indecisionismo c’erano anche allora.

E oggi, come al tempo, alcuni sostengono la “bontà” dei sistemi autoritari. Nel Dopoguerra sono rimaste alcune vestigia del potere fascista. La fascistizzazione dell’Italia è stata profonda, osserva Mimmo Franzinelli; e ha innervato le istituzioni pubbliche. Il paese ha fatto fatica a tirarsi fuori dalla burocrazia fascista. Il regime «immiserì la coscienza degli italiani, incentivò la delazione e accrebbe la diffidenza tra i cittadini, alimentò una pedagogia mussoliniana che ha segnato in profondità le nuove generazioni, un sistema corrotto che ha compromesso molti degli stessi oppositori con gli intrighi della polizia politica». I tribunali speciali messi su dal regime avevano l’obiettivo di distruggere qualsiasi tipo di opposizione al regime. La nascita Repubblica il 22 giugno 1946 vide la divaricazione tra perdonismo (sostenuto da DC, Vaticano, L’Uomo Qualunque, liberali, monarchici) e chi intendeva chiamare alla sbarra i responsabili della dittatura (socialisti, comunisti e azionisti).

Il Guardasigilli Palmiro Togliatti optò per l’amnistia. Il che consentì a molti seviziatori di farla franca e di essere prosciolti. Nel libro si riflette anche sulla tendenza politico-ideologica della Suprema Corte di Cassazione, cinghia di trasmissione tra continuità dello Stato e sopravvivenza degli stilemi fasciste nell’ordine democratico post-bellico. L’alta magistratura era stata cooptata nel sistema di potere mussoliniano che aveva messo i suoi giudici un po’ ovunque e assoggettò il PM al ministro della Giustizia. Specialmente nel Centro-Nord ci furono scarcerazioni in massa. «La Repubblica non può e non deve imporsi con la violenza e coi tribunali speciali, come ha fatto il Fascismo», disse Alcide De Gasperi. Un altro aspetto che Franzinelli tocca nel libro è stata la conseguenza delle infiltrazioni politiche nella magistratura. Molti non hanno cambiato neppure la loro posizione lavorativa delle articolazioni dello Stato.

Non furono altrettanto fortunati, ad esempio, gli insegnanti di “razza ebraica” che nel Dopoguerra non riuscirono a tornare alla cattedra. Questo dimostra una transizione incompiuta, ben articolata da Claudio Pavone (La continuità dello Stato). «Istituzioni e apparati che sembrano adattarsi ugualmente bene a regimi politici tanto diversi rispetto ai valori della democrazia sono istituzioni e apparati pericolosi, che non offrono alcuna garanzia democratica». Con il ritorno alla democrazia nel Dopoguerra vecchio e nuovo si combinavano e influenzavano l’uno con l’altro. Lo Stato repubblicano si traghettò verso un processo di trasformazione che comportava due equilibri. Franzinelli chiama questo il progetto continuista, sotto l’egida della DC, della Chiesa e della Confindustria. Durante il Fascismo la quasi totalità dei magistrati s’iscrisse al PNF. Al contempo la polizia politica venne rafforzata e gli oppositori e dissidenti puniti dai tribunali speciali.

L’OVRA vigilava sui reati anti-statali. Era tentacolare e si aggiungeva all’azione di una magistratura che durante il Fascismo operò in maniera indisturbata e si adattò ai tempi. L’OVRA sopravvisse all’8 settembre e i suoi maggiori esponenti vennero graziati dalla commissione di epurazione in seno al Ministero degli Interni. «Nel difficile contesto della ricostruzione postbellica, la permanenza di un personale ereditato dal Fascismo ha senz’altro contribuito a rendere meno netto […] lo scarto tra passato e presente». Nel capitolo sul Fascismo e il presente, Mimmo Franzinelli premette che «fascista non equivale a reazionario né ad autoritario. Indica, piuttosto, chi nella dittatura mussoliniana vede un sistema preferibile al presente stato di cose, rifiutando come inadeguati o fallimentari modelli e metodi democratici. E, conseguentemente, milita in organizzazioni violente, determinate a instaurare sistemi politici irrispettosi delle minoranze».

Occorre sempre fare attenzione ai parallelismi storici. L’autore sottolinea che il Fascismo non se n’è mai davvero andato. È lecito chiedersi se il sottobosco fascistoide cresciuto attorno a Matteo Salvini e Giorgia Meloni sia solo un’espressione di rozzezza o autoritarismo. Ma d’altra parte, paragoni tra Lega e Fratelli d’Italia con il PNF sono impropri. Altro discorso invece è quello con CasaPound e Forza Nuova, che tuttavia alle politiche raccolgono solo qualche decimale. Le pulsioni nostalgiche in generale non mancano mai. Lo ha detto bene Edith Bruck (La Stampa, 12 agosto 2021): «I fascisti hanno alzato la testa, eppure sembra che nessuno se ne accorga. In Europa soffia un vento nero […]. Nonostante la Germania si senta in colpa, sono cresciuti nuovi gruppi neonazisti, però le autorità sono più severe. In Italia no, c’è troppa tolleranza verso i fascisti».

Fa eco Paolo Berizzi (NazItalia), che mette in guardia rispetto ad un Fascismo 2.0. «C’è un nuovo Fascismo che ha rialzato la testa. È un Fascismo liquido, certo, disaggregato e sfuggente, e proprio per questo molto insidioso. È anche e soprattutto grazie alla sottovalutazione e alla sbadataggine, o alla complicità di qualcuno, che il Fascismo di ritorno punta a permeare […] gli strati più deboli della società». Il rischio di liquidare il Ventennio come un regime bonario c’è, ma c’è anche il rischio di sovrastimare gli eventi dell’oggi – come le sceneggiate e i pellegrinaggi alla cripta di Predappio. I simboli rivestono certamente un grande significato nella memoria e nell’identità collettiva. Per Mimmo Franzinelli, la trasformazione di Giorgio Almirante da parte di Meloni un patriota, è un errore. Come nella cosiddetta Prima Repubblica, anche oggi il Fascismo rimane al centro dei dibattiti politici.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su La Voce di New York)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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