Giuliano Amato e il ritorno dello Stato nell’economia

In Bentornato Stato, ma (il Mulino 2022) Giuliano Amato ripercorre il ritiro dello Stato dell’economia mondiale alla luce del neoliberismo. Parla del susseguente ritorno interpretato come una vendetta da alcuni e come necessità da altri. L’ex presidente del Consiglio analizza le funzioni dello Stato e ne verifica l’utilità oggi a fronte di fallimenti e carenze del mercato. «Non appena il mercato cresce di dimensione e quindi gli scambi avvengono tra persone che non si conoscono, a renderli possibili non è più la fiducia personale, ma un insieme di fattori che nessun operatore potrebbe mettere su da solo». Amato contesta la tesi liberale. «Il mercato è già di per sé frutto delle istituzioni, che lo organizzano, che prepongono delle autorità al suo funzionamento, che fissano le regole per i documenti necessari a vendere e a comprare, che asseverano le modalità di pagamento non immediate».

L’autore auspica che il ritorno dello Stato rispetti i confini entro i quali la collettività si sente sicura. Il che è una sfida importante e non rimandabile dopo l’estensione erariale durante la crisi pandemica. Amato ricorda come negli anni Novanta lo Stato italiano fosse segnato da eccessi del debito pubblico, infiltrazioni politiche, corruzione. Trent’anni dopo, si assiste al ritorno delle regolamentazioni di settore e agli inglobamenti dello Stato di imprese ritenute strategiche. Con il ritorno dello Stato, è tornato anche il mito dello Stato provvidenza, soccorritore, investitore. E questo apparirebbe come una sconfitta delle tesi liberiste – piuttosto allergiche allo Stato interventista. Tuttavia, Amato non dimentica i benefici della globalizzazione a guida neoliberista che ha portato benefici mai visti e vissuti dall’umanità.

Registra, semplicemente, il ritorno dello Stato nella vita pubblica come elemento quasi salvifico. Critica, d’altra parte, la dottrina neoliberale spiegando che i benefici della globalizzazione non sono stati tali per tutti. E soprattutto che gli investimenti dell’economia reale si sono trasferiti nell’ambito finanziario. La crisi economico-finanziaria del 2007-8 ha avuto quindi come risultato il ritorno dello Stato, che con il suo helicopter money ha compiuto interventi che rispondevano ai bisogni delle singole economie. Rimane tutt’ora aperto il rapporto tra Stato e mercato nell’ambito dell’efficienza e della concorrenza. I mercati funzionano se sono competitivi. Per questo è necessario che lo Stato non si intrometta più di tanto nelle attività economiche dei singoli. Che l’interazione virtuosa tra Stato e mercato sia la soluzione per l’economia del futuro?

Una rinnovata stagione di interventismo da parte di un emergente “bossy State” (secondo la definizione dell’Economist, 15 gennaio 2022) è apparsa all’orizzonte con la pandemia di Covid-19, quando lo Stato non solo si è trasformato in un regolatore, ma anche in gestore. A questo punto ci si chiede sinceramente se ci sono gli antidoti contro le esuberanze dello Stato. La risposta è affermativa. Oggi ci sono molte autorità indipendenti che comportano una pluralità di decisioni che mettono al riparo l’economia dalle scelte della classe politica in materia economica, ma anche dagli eccessi di mercato, per così dire. Tuttavia, in un contesto partitico meno incombente e con misure anticorruzione più stringenti anche lo Stato e il suo ritorno sono più controllati. Conclude l’autore che lo Stato è dunque bentornato, ma occorre evitare i vizi e le nuove esorbitanze, compreso l’accentramento autoritario.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su La Voce di New York)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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