Mani Pulite, occasioni mancate e responsabilità individuale

«Caro Alcide, questo che tu definisci trionfo elettorale della DC è invece l’inizio della democrazia imperfetta, cioè senza regolari alternative per il buon governo dell’Italia». Dopo le elezioni del 1948 Don Luigi Sturzo era preoccupato e scrisse ad Alcide De Gasperi. «Il Partito Socialista perderà sempre più voti a favore del Partito Comunista che monopolizzerà la contestazione sino a candidarsi come forza politica alternativa alla DC, la quale nel frattempo sarà tentata con i tutti i mezzi, leciti e illeciti, di consolidare il potere». Nel 1992 questa profezia era più chiara che mai. Mani Pulite svelò il moltiplicarsi delle occasioni corruttive nella partitocrazia troppo a lungo al potere e troppo miope rispetto alle sfide del futuro in relazione agli eventi geopolitici. Ma se è vero che, come scrisse René Grousset, «nessuna civiltà viene distrutta senza essersi prima rovinata da sola», è anche vero che esistono fenomeni che accelerano la decadenza.

L’inchiesta di Mani Pulite che scoppiò trent’anni fa rappresentò una rivoluzione sociale ancor prima che politica o giudiziaria. Ad uscirne sconvolta è stata la società italiana, che in pochi anni si è vista orfana dei partiti tradizionali e si è divisa in due sull’eredità del triennio 1992-1994. Ci sono ancora ombre sull’uso pronunciato della custodia cautelare durante le inchieste, ma il fatto che talvolta ci furono abusi della pratica non toglie che altre volte l’uso fosse giustificato. Il pool, «che ebbe il merito storico di svelare la corruzione dei partiti, tracimò in qualche caso dai suoi compiti, esercitando una supplenza della politica», ha scritto Ferruccio de Bortoli (Poteri forti (o quasi)). «Il pronunciamento dei pubblici ministeri milanesi contro il Decreto Conso del 1993 – che era pur sempre una decisione legittima dell’Esecutivo – è stato il passaggio più criticabile di una meritoria stagione d’inchieste».

Una stagione che ha goduto di un vasto consenso popolare; durato fino a quando si dava la caccia ai cinghialoni della politica. Non si dimentichi il senso di liberazione popolare espresso da molti esaltati sotto il Palazzo di Giustizia di Milano. «In tempi di crisi la gente è disposta a esplorare l’ignoto», ricorda Yuval Noah Harari (21 lezioni per il XXI secolo). Così fu anche durante Mani Pulite. Sotto la Procura di Milano le folle mostrarono sdegno di fronte all’emergere di fenomeni corruttivi e finanziamenti illeciti ai partiti. Non sono mancanti linciaggi, anche nei confronti di chi un tempo era venerato. E anche verso chi, nel bene e nel male, a debito e con disinvoltura da delirio di onnipotenza e impunità, aveva generato benessere negli “anni da bere”. Al deflagrare delle inchieste molti dimenticarono che il giro affaristico-corruttivo tra imprenditori e politici beneficiava molti settori imprenditoriali, penalizzandone altri.

«Sistemi giganteschi non possono funzionare senza la lealtà di massa», continua Harari. Difficile pensare che un sistema corruttivo possa essere andato avanti così a lungo – “lo sapevano tutti” – senza una dose di consenso popolare. Né prima né dopo l’inchiesta, in Italia non c’è stata una Margaret Thatcher che ha presentato il conto ad un paese statalista. Non c’è stato un Ronald Reagan che ha ridato ottimismo e speranza ad un paese disilluso, stanco e diviso. Neppure un Helmut Kohl che ha federato la nazione lacerata dalla Guerra Fredda. Non un Václav Havel che dopo il crollo del Comunismo invitò i cittadini ad assumersi le proprie responsabilità di fronte alla Storia. Le reazioni popolari contro la classe politica non derivavano tanto dall’autentico sdegno, quanto dall’invidia nei confronti di chi aveva intascato di più. Questo ha impedito riflessioni storiche in merito alle vicende legate alle inchieste e alla loro contestualizzazione post-Guerra Fredda.

Secondo Nando Pagnoncelli (Corriere della Sera, 28 luglio 2019), due italiani su tre ritengono che Mani Pulite fu positiva. Ancora oggi ci si chiede se sono i politici che impongono le tangenti o gli imprenditori che pagano per gli appalti. «Due italiani su tre […] attribuiscono le responsabilità a entrambi, il 19% è del parere che nella maggior parte dei casi siano soprattutto i politici a imporre le condotte illecite». I cittadini avrebbero dovuto anzitempo rigettare il sistema tangentizio di cui erano e vittime e indiretti percettori. E la politica doveva autoriformarsi e capire il fine-corsa scandito dal crollo del Muro e dalla saturazione delle opzioni politiche dovuta all’assenza di alternanza al governo. La fine della Guerra Fredda aveva posto le condizioni per rifondare una nuova repubblica. Nel triennio 1989-1992 occorreva un’Assemblea Costituente per rifondare lo Stato, riscrivere le regole del gioco, correggere storture costituzionali e istituzionali.

Lontana dal fare i conti con la Storia, ancora oggi l’Italia guarda al 1992-1994 in maniera manichea. Chi erige monumenti ai magistrati; e chi accusa questi di eversione. Sembrerà infantile, ma è in queste due categorie che si è svolto il dibattito sull’argomento Mani Pulite negli anni. Crollata la Prima Repubblica, non ne è nata una Seconda. Siamo ai tempi supplementari della Prima. Ad arrancare, mentre il mondo e gli alleati corrono, forti del consolidamento post-1989, delle riforme e dei conti fatti con la Storia. La colpa non può essere solo della politica, della magistratura, dei corrotti, dei corruttori. È anche degli indifferenti. I cittadini s’interroghino sulle loro responsabilità nell’aver consentito, tollerato e talvolta promosso il sistema tangentizio. Perché oggi, al pari del 1922, del 1948, del 1994, come scrisse Antonio Gramsci, «il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri».

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su AlterThink)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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