Magia e amore: il rapporto fra Schiele e Český Krumlov

Il piccolo gioiello rinascimentale di Český Krumlov, in Boemia meridionale è stato motivo di ispirazione per Egon Schiele. E non solo perché lì nacque sua madre, Maria Soukup, ma anche perché in questo luogo glinserirsi nell’establishment artistico viennesei affetti giovanili e i paesaggi incantati hanno trovato perfetta sintonia nell’evoluzione stilistica del cosiddetto pornografo di Vienna. Sviluppatasi nei secoli tra le cure dei principi asburgici e dei gesuiti, Český Krumlov è oggi una meta turistica, benché ultimamente svuotata dalla pandemia di coronavirus. In una bella giornata d’autunno il sole batteva sui tetti incantevoli e si rifletteva nella Moldava, il fiume che attraversa sinuosamente il villaggio. La bella Krumau, dove allora la maggioranza degli abitanti era di lingua tedesca, Schiele la visitava da bambino. Qui trascorse le estati tra un secolo e l’altro. L’Arcata di Budějovice, che conduce nel centro storico, è stato il primo monumento di Krumlov ad essere dipinto dall’artista, nel 1906.

Uscito dall’Akademie der bildenden Künste di Vienna, Schiele intraprese la carriera di autore freelance. Neppure ventenne, nell’estate del 1909 inaugurò una mostra con amici e colleghi del “Neukunstgruppe”: Franz Wiegele, Albert Paris von Gütersloh, Anton Faistauer e Anton Peschka. È a quest’ultimo che, nella primavera dell’anno successivo, Schiele fece sapere che non ne poteva più della decadente capitale austriaca. Dal momento che si era attirato le invidie di cittadini e colleghi, intendeva andarsene. «Voglio trasferirmi nella Foresta Boema», scrisse. Detto fatto: nel maggio 1910 Schiele si stabilì a Krumlov, in Masná 133, nella casa di Thomas Oggolter. Peschka (che poi a Krumau, sposò Gerti Schiele, sorella di Egon) e l’amico Erwin Osen lo raggiunsero poco dopo. I tre si fecero immediatamente notare nel villaggio, dove attirarono prima la curiosità, poi lo sdegno della popolazione locale. Dei tre, era Schiele ad amare particolarmente Krumau.

È qui che perfezionò il suo stile e raggiunse la maturità espressiva sulla tela. Attratto sempre di più dall’Espressionismo e dall’Art Nouveau Schiele illustrò diversi soggetti di Český Krumlov, tra cui le graziose casette in legno e pietra sul fiume. Nell’inverno 1910, squattrinato, tornò a Vienna, per raccattare qualche spicciolo presso i suoi contatti-clienti. Tra di essi gli architetti Josef Hoffman, Otto Wagner e Otto Prutscher, gli storici dell’arte Heinrich Benesch e Arthur Roessler. Proprio quest’ultimo fu il suo maggior benefattore ed estimatore. Nella primavera del 1911 eccolo di nuovo a Krumlov, dove il suo pupillo locale Willi Lidl gli aveva trovato una nuova sistemazione, tra cui lo studio a Sud della città, in Linecká, a pochi minuti a piedi dal centro e di proprietà di Max Tschunko. Quest’ultimo, riconosciuto il talento del giovane viennese, gli mise a disposizione gratuitamente l’atelier.

Lidl avrebbe poi avuto problemi nella provincialissima Krumlov, per l’aiuto dato a Schiele e per il legame sentimentale con il pittore, a tal punto che venne persino espulso dalla scuola. Nei periodi di assenza dell’amatissimo Egon, Willi gli scriveva brevi lettere («Caro Schiele!») in cui faceva il resoconto delle questioni amministrative che in maniera impeccabile sbrigava per lui nel villaggio. La grande novità del ritorno a Krumau fu che Schiele portò con sé la fidanzata Wally Neuzil, sua musa ed ex modella dell’amico e mentore, Gustav Klimt. L’autore de “Il bacio” aveva scoperto e apprezzato Schiele nel 1907 e lo aveva aiutato ad inserirsi nell’establishment artistico viennese. A Český Krumlov, Wally ed Egon non ebbero vita facile. Gli schizzi raffiguranti la giovane compagna in pose volutamente erotiche fecero il giro del paesello, che all’unisono ebbe parole di condanna.

Inoltre, la lettera di protesta alla scuola in difesa di Lidl, che Schiele scrisse di proprio pugno, fece clamore a Krumau. A peggiorare poi la fama del pittore furono le sospette di relazioni con minori, che venivano invitati dall’autore per essere ritratti nel suo atelier. Presto genitori e maestri impedirono ai loro pargoletti di seguire il dannato viennese sulla “via della perdizione”. Scandalo dopo scandalo, ci vollero appena pochi mesi perché gli abitanti di Krumlov obbligassero Schiele e la bella Neuzil a lasciare il villaggio. Seppur riluttante, anche Tschunko dovette emettere l’ordine di sfratto. In occasione dell’addio, nel suo diario Schiele scrisse che, allontanandolo, la gente non sapeva quello che faceva. Al contrario, gli abitanti si sentirono sollevati. Il mostro se ne andava; e persino quando in seguito tornò per visite sporadiche, continuò a non essere visto di buon occhio.

Sebbene provasse amore per Krumlov, il luogo stava strettissimo all’esuberante e creativo Egon Schiele. La realtà paesana – conservatrice, pettegola e puritana – era del tutto incompatibile con la sua eccentricità, che destava perplessità persino nella Vienna multiculturale. Ritrarre persone nude non solo rompeva con le tradizioni estetiche ed artistiche dell’epoca (era anche l’era delle scoperte di Sigmund Freud), ma era considerato indecente. D’altra parte, va riconosciuto che la piccola borghesia della Boemia del Sud non volle mai integrare l’artista nella propria comunità. Neppure dopo le allegre serate e gli incontri al Café Fink, che oggi non esiste più e dove alle volte il giovane Schiele offriva da bere a tutti. Český Krumlov in ogni caso formò il giovane Egon: lo aiutò a resistere agli attacchi crudeli della gente e a perfezionare il suo tratto stilistico.

Sebbene il villaggio presentasse architettonicamente importanti elementi gotici e rinascimentali, ancora oggi ben conservati, Schiele non li dipinse che raramente. Preferì dedicarsi alla banalità del quotidiano, all’espressività dell’essere umano, alle sue forme, emozioni e miserie. A Krumlov, d’altra parte, le fonti d’ispirazione non mancavano. Per quanto il paesino sia delizioso in primavera ed estate, nella seconda parte dell’autunno e in inverno doveva essere piuttosto desolato. Sono dunque proprio la freddezza, la desolazione, la mortalità, la depressione e l’imperfezione umana le tematiche di cui l’artista si occupò nel soggiorno in Boemia meridionale. La critica concorda che nei dipinti di Krumau c’è qualcosa di malinconico. Schiele era ossessionato dal paesino materno e amava farsi rapire e ispirare dalla grande Via Dlouhá, che ispirò la sua “Città morta” del 1910, dalla Křížová hora, dalle montagne circostanti e dalle casette in stile elvetico. E poi ancora cieli, tramonti, autunni immaginati.

Schiele divenne Schiele anche rappresentando la magia di Krumlov. Qui approfondì variazioni tonali, forma grezza e ruvida, nonché rotture con i canoni della bellezza di primo Novecento. L’intensa produzione schieliana a Krumau fu tale per via dell’esigenza di coprire i debiti, ma della cittadina Schiele era sinceramente innamorato. Ne adorava i fiori, le colline, le rocce, l’aria, il vento, l’acqua. Una delle sue ultime opere la dipinse proprio nell’ultimo viaggio nel settembre 1917 con la moglie Edith Harms, più socialmente accettabile di Wally. Quanto a Český Krumlov oggi, questa potrebbe essere ribattezzata “Schielestadt”. Tutto si richiama a Schiele. Dallo studio-atelier in Linecká 342 alla casa della madre Maria in Parkán 111. Dall’abitazione in Masná 133 sino al centro d’arte in suo nome in Široká 71, che ne raccoglie la memoria, nonché le tele accese di Alena Anderlová, quelle slavate di Judith Zillich, l’arte astratta di Tets Ohnari.

All’ultimo piano della galleria, in una mansarda scura con le colonne bianche, c’è il mondo schieliano, tra manichini e fotografie, schizzi, maschere funebri, cavalletto, lettere dell’artista e cartoline. Ma anche raccolte di disegni tra pittura e matita, proiezioni dei quadri che raffigurano Krumau. È attraverso le foto in bianco e nero di una Krumlov di primo Novecento che il fotografo Josef Seidel (anch’egli ospitato nell’Egon Schiele Art Centrum) mostra al pubblico la città dove l’artista ha scandalizzato con le sue ossessioni e manie. Tra cruda nudità, corruzione del corpo e espressività inquieta e violenta. Le foto di Seidel ritraggono un paesino immobile nel tempo, quasi come fosse bloccato in un lockdown in bianco e nero. Un piccolo e magico borgo boemo che quel giovane artista amava come una madre.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su Progetto Repubblica Ceca)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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