I moti del 1848 si fecero sentire anche nel Centro Europa, specialmente nel Regno d’Ungheria. Più diritti, più rappresentanza popolare e indipendenza erano le richieste di chi scendeva in piazza contro i monarchi assoluti del tempo. E in qualche caso concessioni vennero fatte ai cittadini-sudditi che reclamarono più diritti sotto i cancelli del grande signore. La rivolta nel Regno Ungherese fu però soffocata da una mossa a tenaglia: da una parte Vienna e dall’altra Mosca. Conclusa la rappresaglia, l’impero unito sotto Franz Joseph progredì lentamente in termini economici fino alla fine del secolo. La parte occidentale dell’impero raggiunse maggiore sviluppo industriale. Budapest, che continuava comunque a chiedere autonomia a Vienna, era tra le due capitali il junior partner per motivi politici ed economici. La parte ungherese dell’impero danubiano stentava a decollare. Il settore primario era anche sussidiato dalle tariffe doganali che imperavano in tutta Europa nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo.
L’Impero Austro-Ungarico alzò i suoi dazi nel 1876, il Regno d’Italia seguì due anni dopo. Nel 1879 anche l’Impero Tedesco decise di optare per una politica protezionista e il Regno Unito era de facto l’unico paese per il libero commercio. L’Ungheria di fine Ottocento era ancora un sistema simil-feudale. La popolazione crebbe in seguito anche nella regione più campagnola dell’impero, al punto che si arrivò a parlare di una “magiarizzazione” delle forze armate austro-ungariche alla vigilia del primo conflitto mondiale, quando l’Impero Austro-Ungarico era il più debole dei grandi imperi. La macchina industriale, che pure si era messa in moto nei decenni precedenti, non fu mai potente come quella inglese o francese. Nonostante una forte emigrazione, la popolazione passò da quarantuno nel 1890 a cinquantadue milioni del 1914.
A unire i due imperi erano di fatto due elementi. La religione cattolica (l’Ungheria è rimasta per anni il bastione della cristianità in Europa centrorientale) e l’esercito (molto eterogeneo, come lo erano le culture sotto il motto austroungarico Indivisibiliter ac inseparabiliter, “indivisibilmente e inseparabilmente”). L’alleanza con l’Impero Tedesco da parte di quello Austro-Ungarico sembrava inevitabile sin dall’inizio della guerra (la Triplice alleanza tra Berlino, Vienna e Roma risaliva al 1882) e fu così che, sconfitto nel 1918, anche il gigante asburgico uscì da Versailles con il suo “trattato di pace”, il trattato di Trianon. A sottolineare le differenze culturali nell’eterogeneo Impero Austro-Ungarico fu anche il fatto che furono due i trattati che ne sancirono la morte. Uno siglato tra le potenze vincitrici e l’Austria il 10 settembre 1919. Il secondo, nove mesi dopo, un secolo fa, il 4 giugno 1920, toccò al Regno d’Ungheria.
Con il trattato di Trianon frammentò il regno ungherese, che perse circa due terzi del suo territorio a favore dei territori confinanti: Slovacchia, Romania, Jugoslavia. Con i trattati del 1918-1920 alle porte di Parigi le grandi famiglie che avevano dominato per secoli l’Europa – i Romanov, gli Asburgo e gli Hohenzollern – scomparvero. Carlo I, succeduto a Franz Joseph, tentò di diventare Re d’Ungheria, ma con scarso successo. Seppure in scala significativamente minore, il trattato di Trianon fece lo stesso effetto che quello di Versailles fece sulla Germania. Come in terra tedesca, il trattato mandò in crisi la popolazione ungherese, presa da una sorta di “sindrome di Weimar”, caratterizzata da instabilità sociale e politica. Nel tardo ottobre 1918 nacque la Repubblica Democratica di Ungheria, sostituita poi dalla Repubblica Sovietica Ungherese (21 marzo 1919) di Béla Kun che durò fino al primo agosto successivo.
Quando poi le forze anticomuniste e filomonarchiche – dopo una sfortunata guerra-lampo comunista contro la Romania – riconquistarono il potere, il primo marzo 1920 la neo-rinata monarchia costituzionale venne affidata all’Ammiraglio Miklós Horthy. Il cui governo avrebbe dato il via libera all’entrata in guerra al fianco del terzo Reich. Assieme a Romania e Slovacchia, anche l’Ungheria si unì al Reich nel novembre 1940. La Bulgaria li raggiunse nel marzo 1941; la Croazia in maggio. Tutti volevano approfittare dell’espansionismo hitleriano, che avrebbe ridistribuito i territori del grande nemico bolscevico. L’Ungheria intendeva saziare ad Est la sua fame di terre da dominare. Obiettivo che aveva inorgoglito gli ungheresi, pesantemente indeboliti – e proiettati verso il riscatto – dalla firma del Trianon.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su Corriere dell’Italianità)