Il rischio di dimenticare la democrazia

Il fascino che esercita la democrazia sembra si stia sbiadendo sempre di più. Apparentemente, questo sistema politico sembra essere incapace di far fronte in maniera efficace a molti problemi che attanagliano le società occidentali. In particolare, molte democrazie sembrano inadatte a rispondere nel breve-medio termine a situazioni emergenziali, siano economiche, sociali o sanitarie. Sembrerebbe dunque che il fuoco della democrazia si stia sempre di più spegnendo a colpi di discredito gettato su questo sistema di conduzione della cosa pubblica. Molti stanno dimenticando la democrazia e il concetto stesso di democrazia si sta raffreddando. Questo anche perché parecchie democrazie occidentali non sembrano in grado di mantenere il passo con le evoluzioni sociali. Il risultato è che esse non riescono dunque a scaldare gli animi di molti cittadini, che preferiscono soluzioni rapide e demagogiche. Le democrazie fredde sono un pericolo per la tenuta sociale degli stati d’Occidente.

Esse sono fragili, esposte ai venti dell’autoritarismo. C’è quindi il rischio che molti dimentichino la democrazia come l’abbiamo conosciuta negli ultimi secoli. Luciano Violante (Democrazie senza memoria) spiega come le democrazie siano vittime di se stesse. I successi riscontrati dal Dopoguerra ad oggi hanno allontanato il “pensiero”, il ricordo di sistemi non democratici e illiberali. Più una democrazia funziona bene, più essa dà la diffusa sensazione che si possa prescindere da essa. Certo che la democrazia è lenta: ha i suoi checks e i suoi balances; i suoi poteri e i suoi contropoteri. Che sono la sua forza. La democrazia è un sistema macchinoso. Talvolta non soddisfacente, ma è la migliore garanzia per non ripetere le diverse forme di collettivismo, totalitarismo e nazionalismo visti nel corso del secolo scorso.

Salvatore Bragantini (Corriere della Sera, primo agosto 2019) ha scritto che «la Brexit e la crisi d’identità della UE son dovute proprio ai progressi, per tanti eccessivi, dell’integrazione europea. L’esplosione degli scambi internazionali […] ha immesso nell’economia moderna centinaia di milioni di persone escluse, migliorandone il tenore di vita […]. Il mondo oggi è più equo, o meno iniquo, di ieri, ma gli elettori dei paesi sviluppati si oppongono col voto». Il paradosso che oggi affligge le democrazie è anche dovuto al fatto che in molti luoghi la globalizzazione ha aiutato a creare un livello di benessere tale da non solo spingere i diretti beneficiari a desiderarne di più, ma anche gli “sconfitti” della globalizzazione stessa ad avere in antipatia la democrazia. Entrambe le categorie sono dunque disposte a svendere le democrazie percepite come raffreddate al primo demagogo da piazza del mercato.

Molti si sono abituati alla democrazia: la danno per scontata e non ci fanno più caso. Non la credono in pericolo, non credono di perderla o che sia fragile. Non immaginano i pericoli di una sua soppressione. Antonio Polito (CdS, 10 luglio 2019) ha scritto che «meno di un terzo dei millennial americani oggi pensa che sia molto importante vivere in una democrazia; una persona su sei negli Stati Uniti è convinta che un governo militare si un buon sistema per guidare lo Stato». Secondo Foreign Affairs, i regimi non democratici rappresentavano il dodici per cento del PIL mondiale nel 1990. Oggi sono il trentatré. Steven Levitsky e Daniel Ziblatt (How democracies die) hanno scritto di come le generazioni passate abbiano fatto molti sacrifici per difendere le istituzioni democratiche dall’esterno. Il compito delle generazioni correnti è riscaldare la democrazia. Non darla per scontata e far sì che non muoia dall’interno.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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