Lo aveva presentato all’Università di Harvard nel giugno del 1947: un grande piano di assistenza economica per l’Europa. George Marshall – l’inventore dell’omonimo piano, capo di Stato maggiore nell’esercito americano, poi segretario alla Difesa sotto Harry Truman, Premio Nobel per la Pace, morto sessant’anni fa – credeva che fosse necessario assicurarsi l’alleanza stabile dell’Europa dell’Ovest finanziando le nazioni in ginocchio dopo sei anni di Seconda Guerra Mondiale. Specialmente in chiave anticomunista. Visto anche il surplus commerciale americano del Dopoguerra, vennero stanziati 12.7 miliardi di dollari dal 1948 al 1951 a gran parte dei paesi europei. L’Europa occidentale crebbe con la stampella del dollaro americano. Tuttavia, finanziamenti arrivarono anche a paesi come Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia.
I maggiori beneficiari del piano Marshall furono Regno Unito, Francia, Italia e Germania dell’Ovest, seguiti da Paesi Bassi e Belgio. Non a caso, si trattava dei paesi che formarono la CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio nel 1951. L’erogazione di danaro prevista dall’“European Recovery Program”, nell’ambito della Dottrina Truman, era tesa a stimolare le economie europee sommerse. Finanziando i paesi europei, gli Stati Uniti preparavano il terreno per il coordinamento dell’Europa dell’Ovest fino alla fine del secolo. In altri termini, il piano Marshall era anche un investimento americano su suolo europeo. Il piano Marshall aiutò una prima liberalizzazione dei mercati europei, nonché la costruzione della futura Comunità Europea. Dunque, la modernizzazione dell’industria e l’apertura verso un grande flusso commerciale.
Il piano Marshall venne sospeso all’inizio degli anni Cinquanta. Quando scoppiò la guerra di Corea i finanziamenti statunitensi dovevano essere condotti verso un conflitto che durò tre anni. I repubblicani erano contrari alla spesa, così come lo erano i sovietici. Che a loro volta pretendevano dai paesi dell’Europa orientale un maxi-risarcimento per l’invasione hitleriana del 1941. C’è dibattito in merito ai benefici del Piano Marshall. Questo ha senza dubbio aiutato le fragili economie europee, ma d’altra parte, almeno all’inizio, ne ha drogato la crescita. Alcuni hanno sostenuto che l’aiuto monetario fosse troppo elevato. Posizione comprensibile, dal momento che dal 1945 al 1953 il “gendarme del mondo” investì nel quasi quarantacinque miliardi di dollari nel mondo tra aiuti e prestiti.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su L’universo)