Filosofa, scrittrice, saggista, drammaturga: Ayn Rand è scomparsa il 6 marzo di quarant’anni fa a New York, la città dei sogni che aveva scelto quando scappò da Leningrado e che divenne il luogo-tipo dei suoi romanzi, tra capitalismo, libertà e individualismo. Critica all’altruismo, elogio dell’egoismo, razionalità umana: sono questi i concetti chiave di opere come Anthem e We The Living, nonché The Fountainhead e Atlas Shrugged. Nata nella Russia zarista, a nove anni Rand decise di diventare scrittrice. Cresciuta in una società intollerante e totalitaria, rigettò presto la cultura russa, nonché l’autoritarismo zarista, dunque bolscevico. La farmacia del padre venne confiscata; il che determinò la sua difesa strenua della proprietà privata. Dalla Russia voleva scappare per imbarcarsi verso gli Stati Uniti e fare cinema; nel febbraio 1926 arrivò nel paese che aveva sempre sognato.
Immediato il successo negli anni Trenta. Nel 1943 uscì il romanzo sull’architetto Howard Roark. Nel 1957 fu il turno della magnum opus con protagonista John Galt. In entrambi i casi, Ayn Rand usò il romanzo come veicolo della sua filosofia individualista, tra politica e metafisica, economia e amore. La sua filosofia, l’oggettivismo, era basata sul concetto di uomo eroico, con la sua felicità individuale come scopo morale della vita. «Gli uomini devono trattare l’uno con l’altro come commercianti», disse, «con il libero e reciproco consenso per il mutuo beneficio. L’unico sistema sociale che esclude la forza fisica dalle relazioni umane è il capitalismo laissez-faire. Il capitalismo è un sistema basato sul riconoscimento dei diritti individuali, inclusi i diritti di proprietà, in cui l’unica funzione del governo è quella di proteggere i diritti individuali».
Quanto ai diritti fondamentali, ce ne è solo uno. Ed è il diritto alla vita, che ha come sua massima espressione il diritto di proprietà, senza il quale «nessun altro diritto è possibile. Poiché l’uomo deve sostenere la sua vita con il proprio sforzo, l’uomo che non ha diritto al prodotto del suo sforzo non ha mezzi per sostenere la sua vita. L’uomo che produce mentre altri dispongono del suo prodotto, è uno schiavo» (Capitalism: The Unknown Ideal). Il diritto alla proprietà «è un diritto all’azione […]: non è il diritto a un oggetto, ma all’azione e alle conseguenze di produrre o guadagnare quell’oggetto. Non è una garanzia che un uomo guadagnerà una qualsiasi proprietà, ma solo una garanzia che la possiederà se la guadagnerà» (ibid.). Quanto al ruolo del governo, secondo Rand questo deve essere limitato alla difesa della proprietà e dell’individuo dalla violenza.
Il governo «non ha il diritto di iniziare l’uso della forza fisica contro qualcuno» (ibid.). La degenerazione di un governo ultra-interventista è lo statismo, ovvero «il principio o la politica della concentrazione di ampi controlli economici, politici e affini nello stato a costo della libertà individuale» (ibid.). Il nemico di Rand è l’aggregato della massa incosciente e pericolosa. Il collettivismo che distrugge l’individuo. «Il progresso può venire solo dal surplus individuale, cioè dal lavoro, dall’energia, dalla sovrabbondanza creativa di quegli uomini la cui abilità produce più di quanto il loro consumo personale richieda, quelli che sono intellettualmente e finanziariamente capaci di cercare il nuovo, di migliorare il conosciuto, di andare avanti. In una società capitalista, […] il progresso non è una questione di sacrificio per un futuro lontano, è parte del presente vivente, è normale e naturale, si realizza mentre gli uomini vivono […] la loro vita» (ibid.).
Il grado di azione individuale è dato, secondo Ayn Rand, dal sistema capitalista che storicamente ha molti meriti. Il primo dei quali di essere fondato sulla capacità individuale di creare output. Il capitalismo «ha rotto le barriere nazionali e razziali, per mezzo del libero scambio […] ha abolito la servitù della gleba e la schiavitù» (The Virtue of Selfishness). Ha creato il più alto tenore di vita mai esistito sulla terra, sostiene la scrittrice, che lo collega ai diritti umani in contrapposizione alla collettività. Secondo Ayn Rand, il capitalismo non può essere regolato. Non ci sono concetti come bene comune e welfare nella sua filosofia. L’altruismo è il nemico delle società contemporanee. «Il bene comune della collettività – una razza, una classe, uno stato – è stata la pretesa e la giustificazione di ogni tirannia […]. Ogni grande orrore della storia è stato commesso in nome di un motivo altruistico» (ibid.).
L’altruismo contempla la riduzione dell’uomo a bestia sacrificale. «Esige che l’uomo viva per gli altri e metta gli altri al di sopra di sé. Nessun uomo può vivere per un altro. Non può condividere il suo spirito come non può condividere il suo corpo» (The Fountainhead). Secondo Ayn Rand, tutte le dittature sono basate sull’altruismo, ovvero il sacrificio del sé agli altri. L’elemento da contrapporre alla tendenza altruistica è l’egoismo. «Il primo dovere dell’uomo è verso se stesso. La sua legge morale è di non mettere mai il suo obiettivo primario negli altri. Il suo obbligo morale è di fare ciò che desidera, purché il suo desiderio non dipenda […] da altri uomini» (ibid.). Un forte egoismo in senso randiano aumenta l’autostima dell’uomo. «Un uomo veramente egoista non può essere influenzato dall’approvazione degli altri» (ibid.). Dalla dimensione egoistica Rand si collega a quella individualistica.
«L’indipendenza è l’unico metro della virtù e del valore umano […]. L’uomo che cerca di vivere per gli altri è un dipendente […]. La relazione non produce altro che corruzione reciproca» (ibid.). La solitudine che scaturisce dall’individualismo, tuttavia, non preclude la relazione con l’altro. Amore e amicizia trovano un posto nell’universo randiano solo se interpretati in chiave egoistica. «Sono valori profondamente personali, egoistici: l’amore è un’espressione e un’affermazione di autostima, una risposta ai propri valori nella persona di un altro. Si ricava una gioia profondamente personale ed egoistica dalla semplice esistenza della persona che si ama […]. Un amore “disinteressato” è una contraddizione in termini: significa che si è indifferenti verso ciò che si apprezza […]. Qualsiasi azione che un uomo intraprende a beneficio di coloro che ama non è un sacrificio» (The Virtue of Selfishness). A patto che questo sia frutto di una libera scelta razionale e individuale.
Amedeo Gasparini
(Pubblicato su AlterThink)