La Liberazione rubata e senza memoria

Sono due i grossi vulnus che mai abbastanza vengono analizzati in sede storica quando si festeggia la festa di Liberazione del 25 Aprile di settantacinque anni fa. Da una parte, l’incapacità di molti italiani di fare i conti con la propria Storia, dall’altra l’appropriazione indebita di una fazione del concetto di Liberazione, scippata dall’altare del ricordo nazionale e posto sotto la propria bandiera partigiana. In primo luogo, le celebrazioni del 25 Aprile si inseriscono in una italianissima tradizione di non voler fare i conti con la propria Storia. Ancora oggi, molti sembrano non essere in grado di fare i conti con un passato scomodo e dunque sono incapaci di guardare al vissuto nazionale con imparzialità storica. Troppi italiani perdono ciclicamente l’occasione per porre con serenità la parola “fine” ad un dato avvenimento storico controverso, oltre la partigianeria.

D’altronde, l’incapacità di fare i conti con la propria Storia richiede autocritica. L’elaborazione storica è un processo individuale. Chi ha vissuto i fatti storici sulla propria pelle avrebbe dovuto farli sin da subito. I posteri, d’altra parte, avrebbero dovuto studiare i risvolti degli eventi e arrivare ad una visione eterogenea e imparziale. Secondariamente, del 25 Aprile c’è sempre stata un’appropriazione del tutto indebita da parte degli schieramenti di sinistra. In particolare, il Partito Comunista Italiano e la semi-totalità dei circoli e delle associazioni dei partigiani hanno rivendicato per oltre sette decenni la totale paternità della Resistenza prima e della Liberazione dopo. L’enorme sistema culturale-mediatico di cui il PCI disponeva nella Prima Repubblica ha fatto in modo che il concetto stesso di Resistenza fosse monopolizzato a proprio favore.

Nessuno poteva co-intestarsi i meriti della lotta al Nazifascismo. E sì che i partigiani non erano tutti comunisti e gli americani hanno avuto un ruolo più che decisivo nella liberazione della penisola. Nei decenni, si è stratificata ed affermata una versione profondamente distorta del 25 Aprile. Che non è la festa dei partigiani rossi, ma anche quella dei partigiani bianchi, dei liberali, degli azionisti, dei socialisti. Di tutte quelle formazioni politiche, insomma, che resistettero al Fascismo e combatterono (contro altri italiani) nella guerra civile del 1943-1945, fino alla Liberazione. Per tre quarti di secolo a sinistra si è infarcito il ricordo del 25 Aprile con una retorica pomposissima e di parte. Occorrerebbe ricordare che la festa di Liberazione non è il simbolo di una fazione politica. Quanto un patrimonio che appartiene a tutti gli italiani.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore Magazine)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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