Pensiero e azione del populismo spiegati da Lino Terlizzi

Il primo passo da compiere per fermare l’avanzata del populismo è una contronarrazione basata su fatti e dati. Difficile dare ricette per curare le crisi croniche dei sistemi politici, ma nel suo Niente paura. Fatti e dati economici per una contronarrazione in opposizione a sovranismo e populismo (L’Ornitorinco 2020) Lino Terlizzi propone una diagnosi dell’evoluzione del fenomeno delmovimenti populisti intendono rivoluzionare populismo nelle società occidentali, con particolare attenzione al sovranismo, il populismo di destra. Specializzato in questioni economiche, già vicedirettore del Corriere del Ticino e collaboratore del Sole 24 Ore, Terlizzi racconta di come è attraverso la creazione della paura nell’elettorato che i movimenti populisti sono in grado di ampliare il loro consenso, traendone importanti dividendi politici.

Secondo l’autore, «paura della globalizzazione, paura dell’apertura politica ed economica, paura dei cambiamenti nel mondo del lavoro, paura di chi non è come noi, paura dell’immigrazione» sono sentimenti non realmente giustificati. Le narrazioni populiste sfidano la politica tradizionale e le correnti di pensiero novecentesche: popolarismo, socialismo e liberalismo. «Non capisco perché i liberali, i popolari, […] i socialdemocratici […] non rivendichino quanto ottenuto negli ultimi decenni», si chiede Terlizzi. Una risposta possibile è che questi hanno perso credibilità agli occhi di vaste porzioni elettorali. Corruzioni, ruberie e inadeguatezza di una parte della classe dirigente non hanno aiutato a costruire negli occhi degli elettori l’immagine di un ceto politico degno di fiducia. Profondamente anti-mercato e di impronta statalista, i movimenti populisti intendono rivoluzionare il sistema di welfare.

Il rischio – vista l’attitudine spesso autoritaria dei leader di questi partiti – è che la ridistribuzione delle risorse degeneri nell’assistenzialismo. I populisti «mirano ad un consenso facile e quindi in sostanza dicono: spendiamo per voi, vi diamo i soldi, fa niente se il deficit e il debito pubblico aumentano». Per i movimenti demagogici le tematiche economiche rivestono particolare attenzione. Tuttavia, altrettanta cura non viene adoperata nell’uso di cifre, dati e numeri, il più delle volte inesatti o manipolati a proprio favore. L’esempio più recente di quanto chiunque si appelli alla demagogia ignori realtà oggettive è la vicenda Covid-19. Semplificata, dileggiata e negata all’unisono dai leader populisti, che per mostrarsi “duri” di fronte al popolo hanno contribuito a sacrificare parte del medesimo sull’altare del coronavirus, tramite atteggiamenti e parole irresponsabili.

L’abbraccio di una sorta di populismo sanitario – cioè l’uso della demagogia anche in fase di pandemia per coltivare il proprio elettorato al di là della realtà e dei fatti – si sposa con l’ignoranza di molti capetti sciovinisti in materia economica. Le banche vengono attaccate di principio dai leader populisti. E l’importanza del credito bancario per famiglie e imprese viene sottostimato. Il risultato, spiega Lino Terlizzi, è quello di buttar via il bambino con l’acqua sporca. Certamente alcune banche devono essere punite per la condotta adoperata negli ultimi anni, ma luoghi comuni e stereotipi in merito andrebbero evitati. Stesso discorso per la globalizzazione, la grande colpevole, in ottica populista, dell’impoverimento della cosiddetta gente. Questa «ha favorito la crescita economica», spiega Terlizzi. Secondo l’ILO (2006-2017), ogni anno la media mondiale dei salari sia aumentata tra l’1.5 e il 3.4 per cento; in un periodo di bassa inflazione.

Cosa che non è del tutto scontata al giorno d’oggi. Non solo perché il livello del carovita è basso, ma anche perché seguendo le ricette economiche dei populisti, questa esploderebbe. Stampare moneta da una parte eleverebbe l’inflazione – che se incontrollata penalizza specialmente le classi meno abbienti. Dall’altra non sarebbe sostenibile nel lungo termine – si vedano gli scenari venezuelani o argentini. Con l’era del populismo siamo tornati nell’ottica del protezionismo e della chiusura. La demagogia è la chiave per interpretare i fatti; il popolo viene anteposto alle élite in una ridicola dicotomia triviale, manichea e nociva per la democrazia. Democrazia messa in pericolo dall’incremento dell’intolleranza e dell’Antisemitismo. Il tutto mischiato con l’intenzione degli sciovinisti di erigere barriere, frontiere, muri, recinti.

Se è vero che nessuno o quasi osa pronunciare la parola “autarchia”, è altrettanto vero che molti leader populisti di destra concepiscono la sovranità come assenza di legami e vincoli internazionali. Capro espiatorio della retorica populista è poi l’Unione Europea, il cui mercato integrato ha avvantaggiato tutti i membri del Vecchio Continente. Bruxelles, causa di tutti i mali secondo i sovranisti, è accusata di essere a trazione franco-tedesca («c’è da chiedersi quale sarebbe stata l’alternativa», si chiede Terlizzi). E soprattutto di ignorare le istanze popolari degli stati. Additare l’asse Parigi-Berlino è la prassi nell’universo dei partiti populisti europei, specialmente tra gli ex PIIGS, dove scellerati arruffapopolo demagogici se la prendono con le politiche di austerità, dipinte come nefaste per “la gente”. Una scusa patetica per evitare di risolvere la micidiale assenza di rigore nei conti pubblici.

Tra l’altro, osserva Lino Terlizzi, «i paesi che sono riusciti a frenare debito e deficit pubblici sono anche quelli che hanno ottenuto nel tempo le crescite economiche più solide». L’autore ha un occhio benevolo nei confronti dell’Italia, da anni laboratorio del pan-populismo europeo. Purtroppo, il Belpaese non è credibile agli occhi di molti investitori internazionali che dovrebbero finanziare il suo debito. La cura necessaria per il riavvio dell’Italia sarebbe da una parte «il taglio delle spese improduttive; l’altra via immediata è l’aumento delle imposte, ma ciò può […] ostacolare la crescita economica». Altro che citare a sproposito il Giappone, come fanno i demagoghi più raffinati, per giustificare il proprio enorme debito pubblico. Ridurre il debito pubblico è imperativo per l’Italia. Non è un capriccio di Bruxelles, quanto un favore agli italiani delle prossime generazioni.

Perché «il fallimento o meno di uno Stato dipende anzitutto dai conti pubblici e dunque anche […] dal debito pubblico». Un altro capitolo interessante di Niente paura è quello legato all’identità. Lino Terlizzi esplora le dinamiche sociologiche del populismo contemporaneo. È difatti la massima cifra dei movimenti sovranisti esagerare i grattacapi dovuti all’immigrazione. La soluzione, secondo l’autore è una contronarrazione equilibrata, un approccio che organizzi una convivenza sociale che non tocchi gli estremi del “tutti fuori” (destra) o “tutti dentro” (sinistra). «Integrarsi è frutto di due volontà», spiega Terlizzi, che vede il lato positivo di un’immigrazione controllata, regolata e moderata. «Nelle società democratiche l’integrazione forzata non può essere un obiettivo; lo è purtroppo in molti casi nei regimi autoritari e integralisti».

Combattere l’intolleranza è necessario e al tempo stesso gestire il fenomeno è importante per non perdere il senso d’identità nazionale. Secondo Lino Terlizzi collegare identità è sicurezza è una forzatura. La soluzione risiederebbe nel trovare «una grande e paziente azione politica, culturale, sociale, che torni a separare le due questioni». Infine, il populismo distorce il concetto di difesa del popolo. «Identifica gli interessi di questo con le proprie posizioni politiche e indica queste posizioni, arbitrariamente, come le uniche in grado di rappresentare gli interessi popolari; […] i populisti cercano di indebolire la democrazia rappresentativa e di stabilire un rapporto tra i loro movimenti e gli elettori […] che […] tenta di aggirare la centralità delle istituzioni democratiche». Populismo è paura del futuro, dell’ignoto.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su La Voce di New York)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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