Borsellino: il coraggio dell’esempio

Sapeva che sarebbe morto anche lui. Sapeva che aveva i giorni contati: era solo una questione di tempo. E il tempo a sua disposizione fu meno del previsto. Devono essere stati terrificanti i giorni che hanno separato la morte dell’amico Giovanni Falcone – 23 maggio 1992 – dalla sua, 19 luglio dello stesso anno. In momenti di caos politico e economico, con Cosa Nostra a caccia di magistrati e nuove vittime. E nonostante il vento di morte che soffiava sulla faccia stanca di Paolo Borsellino nell’estate di ventotto anni fa, il magistrato-martire ha portato avanti con dignità e onore la sua battaglia contro il crimine organizzato. E nonostante tutto, con la morte che gli veniva incontro, Borsellino non smetteva di lavorare. Chi lo ha visto a Palermo nell’estate 1992, lo ricorda come uno spettro ansioso, segnato dal terrore del tritolo.

L’ha detta bene Pietro Grasso, quando disse che era quasi ingiusto fare di Falcone e Borsellino dei supereroi. I supereroi non appartengono al nostro mondo. Essendo “super”, non possono essere imitati nei comportamenti. Se d’altra parte, ai martiri della Repubblica viene conferita un’aurea di semplice “normalità”, allora sì che è possibile che questi diventino esempi di coraggio. Falcone e Borsellino vengono citati sempre in coppia visto lo spietato lasso di tempo che ha diviso gli attentati ai due servitori dello Stato. Il 19 gennaio del 1940, ottant’anni fa, nasceva Paolo Borsellino. Chissà cosa avrebbe pensato, se fosse ancora vivo, del fatto che la lotta alla criminalità organizzata sembra essere uscita dai programmi di governo degli esecutivi che si sono susseguiti negli ultimi lustri in Italia.

Quello che più sconforta quando si ricordano figure del calibro di Borsellino, è scoprire che la sua eredità sembra del tutto dilapidata. Se dagli anni Settanta agli anni Novanta la soglia critica nei confronti del crimine organizzato e delle mafie di ogni tipo era elevata anche nella popolazione italiana, dagli anni Duemila fino ad oggi troppo spesso si ha l’impressione che i fenomeni malavitosi non siano tra le massime priorità dei governi di Roma. Davanti alla Mafia non valgono frasi del tipo «ma le priorità sono altre». All’interno del dibattito politico la lotta alla criminalità organizzata comparare ben poco. Non è così che si onora chi, come Borsellino, per la Repubblica che ne dimentica l’insegnamento, ha dato il sangue.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’universo)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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