Cultura e libertà alla Václav Havel Library

Frequenti gli eventi, uno ogni tre-quattro giorni, alla Václav Havel Library, la biblioteca nel cuore magico di Praga, in Ostrovní 13. Una piattaforma del dialogo intra-interculturale, per il rispetto dei diritti umani e della libertà, fondata nel 1996 da Václav Havel, il Premio Nobel Elie Wiesel e il filantropo giapponese Yōhei Sasakawa. Nata ispirandosi alle library presidenziali statunitensi, la Václav Havel Library è molto attiva nella promozione del pensiero dello statista ceco e delle sue opere sia politiche che teatrali. Propone una miriade di seminari, concerti, discussioni, presentazioni di libri e conferenze di ogni tipo. È un luogo di dibattito; quel dibattito che Havel ha sempre cercato e voluto costruttivo, ragionato e diretto a capire le opinioni altrui. Pur sempre mantenendo la mente aperta a nuovi impulsi e idee. Idee su democrazia, politica e società.

Situata non distante dal Národní divadlo, il Teatro nazionale di Praga, subito entrando, sulla destra, si apre un grande salone che ospita eventi e conferenze. In un bancone, all’ingresso, poster, cartoline, libri e pubblicazioni che ricordano la figura dell’ex Presidente, eroe della Rivoluzione di velluto. Nel backstage l’archivio, che la biblioteca alimenta da anni e mette a disposizione del pubblico. Oltre 5.600 lettere, 5.400 libri, 1.700 foto e 270 video dell’ex dissidente e drammaturgo. I giovani che frequentano la Václav Havel Library non mancano. Da oltre un decennio la biblioteca organizza un concorso rivolto agli studenti liceali, invitati a inviare un elaborato scritto su un argomento di attualità. Il tema di quest’anno appare come un invito provocatorio alla riflessione: “Che percezione hai del Paese nel quale vivi?”.

Fra le varie iniziative non dimentichiamo il Premio Václav Havel per i Diritti umani, onorificenza attribuita annualmente dal Consiglio d’Europa. Quest’anno il riconoscimento è andato a Ilham Tohti, intellettuale uiguro condannato all’ergastolo in Cina e anche alla “Youth Initiative for Human Rights”. Nel corso della sua vita – accorciata dal fumo di troppe sigarette e dall’atmosfera insalubre del carcere – Havel ha sempre tentato di promuovere i principi di tolleranza e libertà, rispetto dei diritti umani e avversione ad ogni tipo di totalitarismo. A sottolinearlo, anche le foto sulle pareti della sezione “museale” della biblioteca, in cui il primo Presidente della Cechia è ritratto assieme ai grandi della terra. Dall’ex segretario di Stato americano Madeleine Albright (di origine praghese, come lui) al Dalai Lama (a cui Havel era molto affezionato), da Bill Clinton (che lo invitò a parlare al Congresso di Washington DC) a Barack Obama e a Lech Wałęsa.

Proprio l’elettricista di Solidarność, una sorta di Havel polacco, ha preso parte all’ultima edizione del Forum 2000 (13-15 ottobre 2019). Ed è stato protagonista di un dibattito moderato da Michael Žantovský, ex ambasciatore, oggi presidente della Václav Havel Library e in passato portavoce e consulente del Presidente. Figura complessa quella di Havel. Il “centro studi” in suo onore aiuta i lettori a individuarne la personalità poliedrica, così come la timidezza, la forza d’animo e la fragilità interiore. Egli confidava nella autodeterminazione di ogni essere umano, nella sua capacità di uscire dalla massa uniforme, grigia, appiattita, pericolosa, feroce e (in)controllabile. Di uscire dalla “maggioranza” artificiale e collettivista per entrare nell’“unicanza”. Per lui esaltare l’essere umano come “unico” non voleva dire isolarlo dalla società entro cui cresceva e lavorava, quanto elevarlo e celebrarlo.

Havel credeva nel diritto di dissentire: di alzare la mano all’interno della massa, celebrata a parole e umiliata nei fatti dal totalitarismo che affliggeva il blocco dell’Est. Come Hannah Arendt prima di lui, ha approfondito intensamente gli studi sul totalitarismo. L’aveva sperimentato sulla propria pelle. «Chi vive in un sistema post-totalitario», scrive Havel ne Il potere dei senza potere, «sa fin troppo bene che ciò che conta non è se al potere c’è un partito o più partiti e il loro nome, ma se si può o non si può vivere umanamente». Amante della verità, avverso ad ogni menzogna propugnata dal sommo partito, sono proprio le frasi cult di Havel a decorare le ampie pareti ad arco della sezione museale della Václav Havel Library. «Finché l’apparenza non viene messa a confronto con la realtà, non sembra un’apparenza».

E ancora: «finché la vita nella menzogna non viene messa a confronto con la vita nella verità manca un punto di riferimento che ne riveli la falsità». E cos’è il sistema totalitario se non un immenso catafalco che tenta, ogni giorno di annullare la coscienza individuale a favore di uno spirito collettivistico? Il totalitarismo è una enorme macchina di finzione: l’elevazione della bugia a livelli industriali. Là, dove, «il potere è prigioniero delle proprie menzogne e pertanto deve continuamente falsificare. Falsifica il passato. Falsifica il presente e falsifica il futuro. Finge di non avere un apparato poliziesco onnipotente e capace di tutto. Finge di rispettare i diritti umani». Ed infine: «Finge di non fingere. La Václav Havel Library avvolge i curiosi con valori che oggi sembrano dimenticati. Attraverso la cultura si propone di riscoprire e conservare la filosofia e la figura di un uomo che ha lottato per la libertà.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su Progetto Repubblica Ceca)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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