L’Europa e il fascino discreto (e letale) della Russia

Nello scacchiere geopolitico, la Russia non può vantare molti amici. Molti degli stati satelliti dell’ex Unione Sovietica si sono ribellati alla casa madre. Che sperava di conservare un legame politico più intenso con paesi quali i Baltici, la Repubblica Ceca, la Slovacchi, la Polonia, l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria. Con eccezioni, tutte nazioni abbastanza ostili al Cremlino di Vladimir Putin. Per non parlare dell’Ucraina di Volodymyr Zelenskyj, che nel 2014 si vide sottrarre la Crimea sul Mar Nero. E se molti degli ex paesi del Patto di Varsavia, che comunque conservano importanti relazioni con la Federazione, prendono le distanze da Mosca, alcuni in Occidente sembrano strizzare l’occhio al gigante asiatico. Gigante che fatica ad ottenere pieno riconoscimento internazionale. Il dieci per cento dei cittadini più ricchi detiene l’ottantasette per cento della ricchezza del paese. Che ha un PIL inferiore a quello dell’Italia e allo Stato di New York.

Uno Stato che tuttavia esercita un fascino magnetico. La Russia vorrebbe contare di più nello scacchiere geopolitico internazionale. D’altra parte, come ha scritto Pietro Figuera (Limes, 5 marzo 2019) «è sbagliato credere che gli interessi russi agiscano esclusivamente in funzione anti-UE e anti-NATO […]. I sovranisti sono alleati tattici, certamente utili nell’attuale confronto con l’Occidente, ma non necessariamente leali e affidabili nel lungo periodo». A portare avanti il progetto di una nuova “grande Russia” – o quanto meno di una Russia che tenta di rimanere a galla nelle tempeste della globalizzazione e il vento in poppa della Cina – ci pensa poi un leader deciso e risoluto. Putin conosce tattica e strategia, sa aspettare, ha mire espansionistiche. Nelle relazioni con Washington e Pechino, con la Turchia e il Medioriente, gioca un ruolo ambiguo.

Uomo dalle mille stagioni, deciso e autoritario, beneficiario di maggioranze bulgare alle “elezioni” politiche è spesso raffigurato come un modello vincente da partiti antisistema in Europa. Batte i pugni sul tavolo, ma silenziosamente, a differenza del dirimpettaio statunitense. Donald Trump è sì a capo della prima superpotenza mondiale. Tuttavia, il sistema dei checks and balances non gli consente un potere assoluto di cui sembrerebbe godere lo zar russo. Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 14 luglio 2019) ha scritto che «tentare di spiegare le simpatie per la Russia equivale molto spesso a tentare di spiegare la forza dell’antiamericanismo. Le due cose sono collegate: l’apprezzamento per la Russia è quasi sempre, se non sempre, il tentativo unito all’ostilità per gli Stati Uniti». Inoltre, «molti hanno semplicemente paura della libertà» e «preferiscono di gran lunga il dispotismo alla società libera».

Non è un caso che la Russia cerchi in tutti i modi di influenzare la politica domestica europea finanziando molti dei movimenti sovranisti. Al Cremlino non interessa molto l’istanza identitaria portata avanti dal partito nazionalista di turno. Putin stesso ha ovviato alla mancanza ideologica del Comunismo con l’arma nazionalista della Storia patria. A Mosca interessa sostenere i movimenti demagogico in Occidente perché qualora questi vincessero le elezioni indebolirebbero l’Unione Europea. Il risultato? Una Russia più forte. È sovranismo indebolire il proprio paese per essere sempre più legati ad altri sistemi geopolitici sulla quale democraticità molti esprimono, tra l’altro, forti dubbi? Timothy Snyder (The Road to Unfreedom) afferma che l’UE non nasce tanto per aggregare uno spirito riflessivo post-Seconda Guerra Mondiale, quanto per formare a piccoli passi un mercato unico e una facilità di commercio tra stati mentre questi perdevano le loro colonie.

Perdendo i domini d’oltremare, i paesi europei si sono trovati in difficoltà. Il principio elementare de “l’unione fa la forza” è stato applicato nel lontano 1946. Da allora fino ad oggi: l’intento, era quello di far fronte alle “tentazioni” autoritarie da Est. Oggi la missione sembra non essere cambiata. E i continui tentativi di indebolire l’Unione – accendendo fuochi all’interno dei suoi stati membri – è la prova di tentativi di affermarsi da parte di coloro che dell’Occidente non sono stati mai “amici”. E quindi, più che chiedersi come mai la Russia esercita un fascino discreto e letale nei confronti di molti elettori in Occidente, bisognerebbe domandarsi cosa spinge quei settori a sostenere cause che indeboliscono il continente europeo. Non è elettoralmente masochistico offrire – e ricevere – appoggio da chi vuole indebolire l’Occidente?

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su neXtQuotidiano)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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