1984: l’attualità tra libertà e sicurezza

Il Grande Fratello è ovunque: spia, controlla. Entra nelle case, osserva le abitudini di tutti, crea bisogni e dispensa risorse dall’alto. Lui sa cosa è meglio per il popolo. Il Grande Fratello è l’incarnazione del puro controllo. Il suo sguardo si estende ovunque, come raccontato da George Orwell in 1984, uscito l’8 giugno di settant’anni fa. Nel distopico regno immaginato dall’autore di Animal Farm non c’è spazio per il libero pensiero. Non c’è tempo di pensare, di chiedere il perché delle cose, di analizzare le storture sociali. Tantomeno dissentire dalla linea generale: quella della Fratellanza (Brotherhood) e del Partito(-Stato). Un perenne stato di allerta contro il nemico che può annientare la società; un sistema capillare di polizia che stana i dissidenti; la propaganda dall’alto. Manifesti ovunque, con il faccione del Grande Fratello che “ti guarda”. Tutta fantascienza?

Per molte nazioni, la seconda parte del Novecento altro non è stata che la imperfetta manifestazione della società orwelliana. L’uomo forte che dispoticamente controlla tutte le diramazioni sociali si è materializzato eccome, ad esempio, nei paesi del Socialismo reale. Ancora oggi, molti simulacri di stati democratici si fondano sul controllo perenne degli individui, sull’inaccessibilità alle fonti di informazione corretta, sul sistema di voto farlocco. Il tutto ben oliato dalla classica scusa di ogni regime nazionalista e (semi)totalitario: la sicurezza. Meno libertà per più sicurezza. D’altronde, come scrive Primo Levi (I sommersi e i salvati) «un regime disumano diffonde ed estende la sua disumanità in tutte le direzioni, anche e specialmente verso il basso; a meno di resistenze e di tempre eccezionali, corrompe anche le sue vittime ed i suoi oppositori». Distopia, si dirà … Un futuro quello di 1984, dai tratti totalitari e oscuri.

Una semplificazione delle strutture sociali, una verticalizzazione del potere, un pensiero confezionato e versato nei cervelli come se questi fossero sul nastro trasportatore della fabbrica del consenso. Invece no: 1984 è tra noi, i Winston Smith – protagonista nel romanzo – degli anni Duemila. Orwell aveva capito l’occulto, spasmodico e tormentoso controllo sociale che avrebbe caratterizzato la società di mezzo secolo dopo. Non tanto attraverso il Grande Fratello, ma tramite i big data. Nella Londra di 1984 regna il paradosso, l’ingiustizia; una forma di Comunismo estremo e totalitario; un’uguaglianza nell’ignoranza che annienta la libertà. Chiunque pensi di scappare dal controllo dello Stato è destinato a perire. Anche nella Stanza 101, l’ultimo tabernacolo dell’orrore orwelliano, dove le paure più recondite dello sventurato che varca la soglia prendono forma. Nella società di 1984, l’individuo viene marginalizzato nel gorgo del pensiero unico e nell’applauso soffocante dei suoi simili nei confronti del grande capo.

E poi l’odio: un grande collante sociale. Nel caso di 1984, l’odiato nemico del popolo era quell’Emmanuel Goldstein che forse non è mai esistito, ma che ad ogni modo serve come capro espiatorio. Il popolo di 1984 si deve sfogare quotidianamente contro un presunto oppressore. Che i “Due minuti d’odio” comincino dunque! Ogni giorno, gli abitanti dell’Oceania hanno il diritto-dovere di sfogarsi contro il grande “cattivo” e nemico del Grande Fratello. Sul tema del nemico comune come collante del regime totalitario si è espresso Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 24 maggio 2019). «I nazionalisti fanno ricorso al più potente strumento di mobilitazione delle emozioni che si conosca: la costruzione del capro espiatorio. Individuare qualcuno o una qualunque entità come la causa dei mali che ci affliggono».

1984 è molto più attuale di Brave New World di Aldous Huxley e più realistico di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Paradossalmente, nella società di 1984 gli abitanti dell’Oceania non stanno neppure così male: cibo e lavoro garantito. Una vita felice, quella nell’ignoranza. Un popolo senza vera identità, del tutto ignaro di se stesso è la prima vittima di sé medesimo. Non si rende conto che ha offerto il suo più grande bene, la libertà, in cambio di una pace fittizia all’insegna di “maggiore” sicurezza. Sacrificando la libertà per la sicurezza la massa si auto-deresponsabilizza: non sente il bisogno di pensare. A furia di rimpastare il pensiero unico, tecnocratico e tirannico del Grande Fratello sul tavolo della propaganda e dell’uguaglianza forzata, il risultato non può che essere uno: amare il Grande Fratello. Amare la schiavitù: essere schiavi. Senza rendersene conto.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

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