Maggie, Alitalia e Telecom: liberismo e statalismo a confronto

Stato o impresa? Pubblico o privato? Nazionalizzare o privatizzare? Liberismo o statalismo? Sono questi i temi toccati da Rico Maggi, professore all’Università della Svizzera Italiana, Gianni Dragoni, caporedattore de Il Sole 24 Ore e Lino Terlizzi, editorialista del Corriere del Ticino, moderati da Danilo Taino del Corriere della Sera che ha condotto la serata del 30 novembre presso l’ateneo di Lugano nell’ambito della conferenza “Stato-privato”, organizzata da L’universo. «Le privatizzazioni pongono diversi interrogativi» esordisce Taino, che passa in rassegna le più importanti privatizzazioni, evidenti nella Gran Bretagna di Margaret Thatcher. Meglio lo Stato e il pubblico o l’impresa e il privato? La Lady non aveva dubbi e, in antitesi allo statalismo imperante dell’epoca, affrontò il tema delle privatizzazioni appena arrivò a Downing Street. Da British Telephone a BP, dai traghetti alla Rolls Royce, dalla British Steel all’acqua.

Ma quelle di Thatcher non sono state le uniche cessioni da parte dello Stato al privato. «Grandi privatizzazioni si sono fatte in Sud America, così come in Italia», ricorda Taino. Nel Belpaese si è coniata l’espressione “panettoni di Stato”, massimo esempio dello statalismo. Tramite la SME, lo Stato si era allargato a tal punto che alcuni delle sue entrate provenivano dalla vendita del dolce milanese della Motta. Altro paese toccato dalle privatizzazioni è la Germania orientale, dove negli anni del Muro lo “Stato mamma” ha finito con l’affamare il proprio popolo. «Un’ondata di privatizzazioni si ebbe con la caduta del Muro di Berlino». Nel post-1989, fino alla riunificazione delle due Germanie, «si dovettero cedere molte proprietà, simbolo di un cambio un’era». Dallo statalismo e liberismo.

«All’epoca di Thatcher» ricorda il decano emerito della facoltà di Economia dell’USI Rico Maggi, «c’era il sistema “TINA”: “There Is No Alternative”». Questo acronimo veniva usato dalla Signora per indicare il liberismo come unica e vera formula vincente in campo economico. «Thatcher non aveva un’idea filosofica: è arrivata al governo in una situazione drammatica», in cui la Gran Bretagna era «in preda ai sindacati delle industrie, che non potevano più sopravvivere». E quando il paese è ingessato nel sistema dei veti incrociati e degli scioperi selvaggi, da parte della classe politica c’è una subdola tentazione di rifarsi allo statalismo. Con l’Erario che mette in moto la macchina del consenso della spesa pubblica e distribuisce prebende a tutto spiano. Prima di Thatcher «l’Inghilterra non era più competitiva e il paese stava andando verso il baratro. Bisognava cambiare qualcosa».

«Oggi pretendiamo che siano gli individui e le imprese che si occupino dell’interesse collettivo», continua Maggi. «In economia distinguiamo i beni privati – forniti dal mercato – e beni pubblici che fornisce lo Stato». Il problema però è che «oggigiorno, con la scusa del servizio pubblico, chi fornisce questi servizi pretende di agire nell’interesse pubblico-collettivo». Netto, infine, il giudizio di Maggi. «Sono contro l’idea che lo Stato ci salverà nei momenti difficili. Sono convinto che bisogna responsabilizzare il privato nell’interesse collettivo. Si deve fare concorrenza e chi fornisce servizi deve essere privato. Lo Stato ha solo il compito di assicurare che tutto vada bene e non s’interessa del fatto che le privatizzazioni vadano bene o male».

La parola a Gianni Dragone, a Lugano da Roma e al Sole 24 Ore dal 1985. «Un tempo, privatizzazione era una parola proibita». In Italia, la figura che è stata più accostata a questo vocabolo è stato Romano Prodi. Interessante poi l’analisi di un altro termine, “boiardi di Stato”, che trova la sua origine nei dignitari russi e i vassalli del feudatario. In Italia i boiardi si sono infiltrati nelle “gloriose” imprese-nave ammiraglie (di capitani coraggiosi) quali STET e la SIP (oggi Telecom). «Meglio privato o meglio Stato? Dipende», dice Dragoni. Dal 1994 al 2016 sono stati privatizzati beni dello Stato per centodieci miliardi di Euro. «Sembrano tanti, ma che in fondo sono meno di cinque miliardi all’anno». Nei primi anni Novanta, Dragoni salutò positivamente le privatizzazioni. Poi arrivò lo scandalo Telecom.

Se lo Stato è debole, spiega Dragoni, «la capacità del settore privato è molto più pericolosa del monopolio pubblico». E l’esempio che fa scuola in questo ambito è il caso Alitalia dove «i privati hanno saputo fare molto peggio dello Stato». Le privatizzazioni sono servite a fare cassa: «se non ci fosse stato un tema di cassa si sarebbero fermate molto presto». Ultimo ad avere la parola, l’editorialista del Corriere del Ticino Lino Terlizzi. Amico di Dragoni, si distanzia dalle posizioni di quest’ultimo in merito alle privatizzazioni. «Lo Stato nell’economia di mercato deve intervenire solo se strettamente necessario». Secondo Terlizzi «il privato può operare bene e ha dimostrato di saperlo fare». Tuttavia, «quando si privatizza bisogna guardare all’efficienza dell’impresa che si va a creare e all’efficienza dei servizi che è in grado di servire».

Inoltre, «le privatizzazioni devono essere dentro un contesto di liberalizzazione e quindi di deregolamentazione. Non ha senso fare le privatizzazioni in un mercato ingessato». Come si è comportata l’Europa in termini di privatizzazioni? «Sono stati seguiti tre filoni. Il primo: il filone anglosassone», cioè, essenzialmente, Regno Unito e Irlanda, che hanno intrapreso seriamente la via delle privatizzazioni. «Un secondo filone è stato quello del Sud delle Alpi, Francia compresa, dove le privatizzazioni sono andate e rilento e in modo contraddittorio. A volte non si è nemmeno cercato di farle». Ed infine, «un terzo polo si è configurato a Nord, compresa la Svizzera, dove c’è un’impronta liberale molto chiara, ma di volta in volta anche una certa presenza pubblico». Un equilibro necessario tra Stato e privato.

Amedeo Gasparini

(Pubblicato su L’Osservatore)

Pubblicato da Amedeo Gasparini

Amedeo Gasparini, class 1997, freelance journalist, managing “Blackstar”, amedeogasparini.com. MA in “International Relations” (Univerzita Karlova, Prague – Czech Republic); BSc in “Science of Communication” (Università della Svizzera Italiana, Lugano – Switzerland)

Rispondi

Scopri di più da ★ Blackstar

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading